mercoledì 30 novembre 2016
4 DICEMBRE 1944 LA LIBERAZIONE DI BRISIGHELLA: LA RAPPRESAGLIA DI S.STEFANO SETTEMBRE 44 - TESTIMONIANZE DEI FAMIGLIARI DELLE VITTIME.
MARCO LOLLI
CERONI – Ho raccolto alcune
testimonianze di un fatto accaduto durante il passaggio del fronte a S.Stefano
nel settembre 1944. Una rappresaglia delle S.S. e delle Brigate repubblichine
verso i contadini della zona di S.Stefano. Conti Giorgio era mio nonno e fu
l'unico sopravissuto.
La parrocchia di S.Stefano in Zerfognano è una comunità adagiata poco
sotto una delle tante dorsali che dalla via Emilia risalgono verso l'appennino.
Situata alla quota di poco oltre 300 metri è composta da poderi e case rurali.
Il Prato, la Lama, il Castellaccio Nuovo, il Castellaccio Vecchio, la
Colinaccia, Monticello, e Dugento, sono i poderi più adiacenti alla chiesa.
Anche se non esiste un agglomerato vero e proprio, da tutte le abitazioni, è
quasi sempre possibile scorgere le altre, come se facessero parte di un piccolo
borgo. Nel settembre 1944 quella zona fu teatro di scontri tra tedeschi e
gruppi partigiani che culminarono nella rappresaglia del 25 settembre.
VENERDì 22 SETTEMBRE 1944 : alcuni partigiani provenienti da
Fornazzano, diretti verso Faenza, comandati da Liverani "Palì" si
riparano per la notte nella case della zona di S.Stefano in Zerfognano. Il
Prato è uno dei poderi più vicino al crinale e alla chiesa. La casa è molto
grande e riescono ad viverci molte persone. In quei giorni gli occupanti sono
addirittura diciassette. C'è Zauli Domenico detto " Minghì de Prè" di
anni 51 reduce della 1° guerra mondiale il quale aveva trascorso cinque anni
sul Carso; la moglie Emma Montevecchi (anni 41); tre sorelle Vittoria 19 anni;
Pia 20 anni; Caterina 18 anni e quattro fratelli; Paolo (anni 15), Ugo (anni
11) Tommaso " Masì" ( anni 9) e Gaetano di 18 mesi. C'è Suo fratello
Ubaldo Zauli, detto "Baldì" di anni 57 e la sorella Lucia ( 54 anni)
con il marito Angelo Mamini "Angiolì", una figlia, Rosa (13 anni) e
un figlio Valerio (anni 17) sfollati da Faenza. C'è Piercarlo Montevecchi (anni
14 e cugino di Emma Montevecchi) fratello di latte di Paolo, figlio della
maestra di Zattaglia, Giulia Montaguti. Ci sono infine i genitori della
farmacista di Fognano sfollati invece da Marradi dove imperversano le battaglie
con gli inglesi della 5° armata. Anche al Prato, nonostante il timore di
qualche spiata ai tedeschi o ai repubblichini, la famiglia Zauli accoglie
questi giovani partigiani quasi tutti natii del faentino o zone limitrofe:
Castel Bolognese, Solarolo, Riolo Terme. Tra di loro, il faentino Gino Monti e "Attila".
Rimangono qualche ora, mangiano qualcosa e prima di partire a notte inoltrata.
Riescono perfino ad intonare qualche canzone e qualche ballo. Alcuni rimangono
a dormire nel fienile, ma all'alba sono già spariti.1
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4 DICEMBRE 1944 LA LIBERAZIONE DI BRISIGHELLA: LETTERA APERTA VINCENZO GALASSINI
Lettera aperta di
Vincenzo Galassini dedicata alla Liberazione di Brisighella
Lunedì 8 Dicembre 2014 - Brisighella -- Brisighella ha celebrato Il 4 dicembre il 70^ anniversario della
liberazione. Avevo cinque all’epoca, sono nato il 5 dicembre. I ricordi sono
flebili, data l’età, ma una cosa è certa i miei genitori, mia madre cattolica e
mio padre d’idee socialdemocratiche mi hanno inculcato il coraggio e l’amore
per la verità . Ricordo vagamente, il piccolo rifugio nella cantina, dove
abitavo in via 24 maggio e quello immenso della Famiglia Lega. Porto ancora il
segno, nell’orecchio, del morso di un topo quando ci rifugiavamo per l’arrivo
dell’ aereo “pippo”, ma non certo il timore. Ci sono ancora alcuni piccolissimi
segni di schegge nella facciata di casa e ricordo i nascondigli che usavano per
nascondersi, conosciuti da più grande, che mi sembravano facili da trovare,
forse perché nessuno era venuto a cercare. Ricordo la sera del 18 aprile del
1948 quella della vittoria della Democrazia Cristina e di Saragat, sul Fronte
Popolare. Davanti all’osteria di mio zio Gigiolè in via Fossa, c’era un gran
traffico di brisighellesi che si dirigevano nella piazza Carducci, poi, ricordi
certi e sicuri: la musica che proveniva dall’arena parrocchiale Giardino,
del film Sangue Arena, Verde Luna, martellante, ma bella.
Brisighella è stata politicamente per tanto tempo “un’isola bianca”, nel
periodo dei miei studi ricordo il diverso linguaggio dei miei maestri da
Parini, severo e austero, a Dalmonte più ambiguo, che ho conosciuto poi in
politica. Nella scuola di avviamento professionale, come dimenticare
l’austero prof. Giberti. Allora non si parlava della Resistenza con insistenza
come oggi. Immenso era, il cimitero dei soldati tedeschi che vedevo in
via F.lli Cardinali Cicognani inizio di Via Puriva. Nel 1956
ricordo l’invasione dell’Ungheria da parte dei sovietici e la mia prima
protesta con gli altri studenti a scuola a Faenza. Sulla Liberazione di Brisighella, poco si è
scritto, molto invece su Cà Malanca. Ricordo i vari avvenimenti e celebrazioni
per ricordare la Brigata Maiella sciolta a Brisighella, la Friuli, le varie
cerimonie con parole generaliste ma non particolari non specifiche di
brisighellesi. Per conoscere i fatti e i dettagli, della liberazione di
Brisighella, si è dovuto aspettare il 2004 (sessantesimo della liberazione) con
il bel libro pubblicato dall’Associazione La Memoria storica di Brisighella:
“Brisighella 1944 - nell’oppressione, nella prova, un popolo solidale”.
Un libro curato da diversi autori, protagonisti dell’epoca, ancora viventi, che
ne hanno dipinto un quadro direi quasi completo ma con zone d’ ombra non
approfondite, forse per l’età degli scrittori ma forse ancora per timore dei
fatti della sinistra comunista, allora fondamentale per Brisighella. Per
esempio la presenza Sap (Squadre di azione patriottica) di origine cattolica,
aperte al contributo di tutte le idee politiche anche socialiste, diversa dalle
altre formazioni di sinistra comunista che operavano a parte; il contributo di
vita pagato dai tanti civili. Il fronte non si fermò a Brisighella, colpì
particolarmente Riolo Bagni
martedì 29 novembre 2016
REFERENDUM, LA RIFORMA COSTITUZIONALE DI (DU)CETTO LA QUALUNQUE
Cavour, Giolitti e Mussolini governarono sostanzialmente con lo stesso
sistema costituzionale, ma con leggi elettorali diverse. Fu l’introduzione del suffragio
universale (in un paese ad alto tasso di analfabetismo), e il Patto Gentiloni
che ne derivò, a cambiare gli assetti politici reali. In poco tempo l’Italia fu
spinta verso la Prima Guerra Mondiale, sull’onda delle pressioni violente
esercitate dalla teppa interventista di destra e di sinistra. Finita la
guerra più inutile della Storia, il sistema elettorale generò il caos
da cui originò il fascismo. E infine fu la legge Acerbo (voluta da
Mussolini e che determinò l’aggregazione del Listone) a trasformare un sistema
più o meno rappresentativo in una dittatura. E’ questo il quadro storico da non
dimenticare il 4 dicembre. A dispetto dei ragli di chi si ostina a
ripetere che l’Italicum non è oggetto della riforma costituzionale
soggetta a referendum, gli effetti nefasti della riforma Boschi-Verdini
derivano dalla combinazione con una legge elettorale demenziale
partorita dall’arroganza puerile del Ducetto La Qualunque convinto di avere in
mano il Paese grazie a un’elemosina di 80 euro. Una Costituzione che
rafforzi i poteri del governo nel quadro di un sistema parlamentare con sistema
elettorale proporzionale, sortisce effetti totalmente diversi quando il sistema
elettorale regala a una minoranza la maggioranza dei seggi in
Parlamento. Gli argini all’autoritarismo e all’arbitrio o, se
preferite, un efficace equilibrio di pesi e contrappesi assicurato dalle
dinamiche di una coalizione parlamentare, in un sistema maggioritario deve
essere garantito da istituzioni non soggette al controllo della maggioranza. Invece
la riforma elettorale assegna al caporione del partito che vince le elezioni
oltre al governo, il controllo di Commissioni Parlamentari, Rai, Autorità
indipendenti (si fa per dire), Forze Armate, Polizia, Banca d’Italia, Eni,
Finmeccanica, Inps, Enel, Cassa Depositi e Prestiti, Poste, Agenzia delle
Entrate, Equitalia (o come cavolo verrà ribattezzata), Ferrovie e una forte
influenza su Presidenza della Repubblica, Corte Costituzionale e Csm. E, come
ciliegina, il caporione controllerà i cordoni della borsa su una miriade
di enti locali (con annesso sistema sanitario) nonché i salvataggi di
banche e imprese in dissesto. Detto in termini semplici, una legge elettorale
assurda e una Costituzione che non prevede argini alle decisioni del governo
in un paese dove lo Stato controlla direttamente o indirettamente oltre due
terzi dell’economia, significa instaurare un regime. Lo Statuto delle
Opposizioni è solo una carognata in quanto viene votato a maggioranza in
Parlamento, cioè in pratica viene dettato dal governo.
La Costituzione fissa principi generali e
regole vaghe. Il problema è che tali principi e regole vanno fatti
rispettare. Questo compito spetta all’autorità costituita. Ma se tale
autorità non ha nessun interesse ad agire, anzi propende per la violazione
delle regole costituzionali a proprio vantaggio, la Costituzione diventa come
lo Statuto Albertino durante il fascismo. Ad esempio l’art. 24 dello
Statuto recitava: “Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado,
sono eguali dinanzi alla Legge. […] Tutti godono egualmente i diritti civili e
politici, e sono ammessi alle cariche civili e militari, salve le eccezioni
determinate dalle leggi”. Questo articolo non impedì le leggi razziali
contro gli ebrei. Lo Statuto prevedeva la libertà di stampa (art. 28) e la
libertà di riunione (art. 32), ma non garantì nessuna delle due perché non
esistevano istituzioni che potevano opporsi al governo del Duce, nemmeno il Re.
Per concludere, un sistema costituzionale non si giudica dal fatto che se
vincono i nostri tutto va per il meglio. Si giudica dal fatto che se vincono
gli altri il sistema non si trasforma in un’autocrazia. La democrazia è
in prima istanza un meccanismo per limitare i poteri del sovrano e della
maggioranza. Non per aprire a qualche campiere della massoneria
agropastorale toscana, insieme al rottame comunista salernitano, la
porta del potere.
lunedì 28 novembre 2016
REFERENDUM, BERLUSCONI IN CAMPO : “NO PER FAR CADERE GOVERNO”
Un unico fronte del No ma diverse vedute su quello che sarà il dopo 4
dicembre e soprattutto sul futuro del centrodestra. A otto giorni dal voto
Silvio Berlusconi, come promesso, intensifica le sue apparizioni televisive per
la campagna elettorale e il suo appello è forte e chiaro: "Bisogna andare
a votare per un deciso e responsabile No, anche per mandare a casa un governo
che non risolve niente". L'ex Cavaliere sceglie gli studi di canale 5 per
sfidare, se pur a distanza di qualche minuto, il premier. Con la riforma
costituzionale e l'Italicum "si è cucito un vestito addosso" per
diventare "il padrone d'Italia", è l'accusa. Le regole del gioco,
invece, vanno scritte insieme. Ecco perché il leader di Forza Italia, dopo
un'eventuale vittoria del No, continua a "sperare" nella volontà di
renzi di aprire un tavolo sulla legge elettorale, al quale invita a sedere
anche "tutte le forze nel nostro Paese". L'ex Cav punta a modificare
l'Italicum tornando "al proporzionale, con un limite per i piccoli partiti
per non avere una frammentazione eccessiva del Parlamento". Se invece dovesse vincere il Sì,
è sicuro Berlusconi, la storia d'Italia "cambierà nel male". È per scongiurare questa ipotesi, mosso "dal senso di
responsabilità" verso il Paese che ama che è tornato in campo. E per lo
stesso senso di responsabilità, dice dal salotto di Barbara D'Urso, che
potrebbe anche ricandidarsi dopo una pronuncia favorevole della corte di
Strasburgo. Matteo Salvini, almeno a parole, è pronto ad accoglierlo a braccia
aperte. "Sarei davvero felice se uscisse dagli impedimenti e fosse in
condizione di ritornare pienamente alla politica", dice, non dimenticando
di sottolineare, però, come i tempi siano cambiati. "Dobbiamo tutti
guardare avanti. Non possiamo ripresentarci agli italiani nello stesso modo in
cui lo abbiamo fatto sempre. Il che significa che chiunque voglia sfidare il Pd
alle prossime elezioni dovrà avere la piena legittimazione degli italiani.
venerdì 25 novembre 2016
giovedì 24 novembre 2016
PEDIATRIA FAENZA LUGO COSI’ CI PRENDONO IN GIRO
La scelta dell'Ausl di
abolire nuovamente, seppur temporaneamente, la guardia pediatrica notturna,
nonostante le assunzioni, reintroducendo per Faenza e Lugo la reperibilità, sta
scatenando reazioni a catena. L'altro giorno il primo a sollevarsi è stato il
comitato "Giù le mani dalla pediatria". Una lettura più soft, ma non priva di
critiche, la fornisce Paolo Palmarini della UiI, che collega il discorso delle
penalizzazioni di Faenza e Lugo al percorso in atto di unione dei due ospedali.
Un percorso che ha registrato un accelerazione il 10 novembre, dopo una
riunione avvenuta tra le parti, giudicata dai sindacati «molto positiva». Ad
avviso di Palmarini, «non si capiscono le motivazioni per cui, espletato il
concorso, gli otto pediatri assunti nell'Ausl Romagna non possano entrare in
servizio prima di febbraio. Anzi, considerata la situazione di Faenza e Lugo,
dove era stata da poco reintegrata la presenza fissa, sarebbe proprio questo il
territorio dove dovrebbero essere insediati prima che altrove, almeno per
garantire ciò che era appena stato concesso». Tutto ciò forse accade perché
Faenza e Lugo sono realtà più piccole di quelle provinciali in area Romagna.
ancora alla ricerca di una stabile fisionomia sanitaria: «Perciò è importante
che sia ratificata il prima possibile la sinergia tra i due ospedali da
considerarsi blocco unico per un bacino di oltre 200mila abitanti, cioè più
grande di alcuni territori provinciali. A quel punto, se non vi fossero
attenzioni, allora davvero bisognerebbe pensare a distrazioni volute».
SILVIO BERLUSCONI A MATRIX: “UN NO DECISO E RESPONSABILE”
"Berlusconi a "Matrix": "Se
vince No serve tavolo per riforma condivisa. Il veto di Renzi alla Ue? Minaccia
infondata. Mediaset? Solo timore fisiologico da imprenditore"
Il Cavaliere è stato accolto nello studio dalle immagini delle coppe
vinte dal Milan. Ma il tema caldo è uno solo: il referendum costituzionale
del prossimo 4 dicembre: "Il mio No è deciso e responsabile", ha
detto Berlusconi, rispondendo a chi parla di una campagna "tiepida"
da parte sua: "Qualcuno mette in giro la storia del ni, ma non è
così", spiega, "Oggi il pericolo comunista non c’è più. c'è un sia
un sistema tripolare, con Movimento 5 stelle, Pd e centrodestra". Resta
quindi la critica all'italicum, un "vestito cucito su misura"
per Renzi che ora calza a pennello ai Cinque Stelle e che porta a una deriva
autoritaria: "Un’estrema minoranza può avere il governo del Paese,
molti italiani - oggi al 50% - non vanno più a votare", spiega l'ex
premier, "Solo con un sistema proporzionale si può avere un sistema che
rappresenti la maggioranza degli italiani. Bisogna eliminare il ballottaggio".
E se vince il No? "Ho parlato con Mattarella. Non
succederebbe nulla", ribadisce, "si apre la possibilità di una riforma
della costituzione molto diversa e positiva. Sarà indispensabile sedersi a un
tavolo per discutere la riforma costituzionale e una nuova legge
elettorale".
Sui sospetti che Mediaset si schieri per il Sì per il timore di ritorsioni da parte del
governo, Berlsuconi spiega: "Mi sono pentito di ciò che ho detto ieri, ma
io ho fatto riferimento a quello che è il fisiologico timore di chi ha aziende
private e ha paura di avere ritorsioni di chi è al potere".
Berlusconi non crede nemmeno alle minacce di Matteo Renzi che
sostiene di voler porre il veto al bilancio Ue: "È una minaccia infondata,
doveva essere messo prima, come per le sanzioni contro la Russia". Solo
una mossa di propaganda? "Non voglio definirla, ma è una cosa che non si
può fare", taglia corto il Cavaliere. Che non commenta nemmeno le parole e
i toni di Beppe Grillo: "Mi piace parlare delle persone quando ne
posso parlare bene, quando devo parlarne malissimo evito".
Capitolo migranti: "L’immigrazione è un fenomeno
preoccupante in tu
mercoledì 23 novembre 2016
NAPOLITANO UOMO CASTA SIMBOLO DEL SÌ
MAURIZIO BELPIETRO - C'è
un'accozzaglia di signori che tifa per il Sì. Di questo «raggruppamento
indiscriminato e disparato» (definizione tratta dal dizionario Devoto Oli)
fanno parte Gad Lerner e Denis Verdini, Michele Santoro e Mirello Crisafulli,
Giovanni Bazoli e Vincenzo De Luca, Giorgio Napolitano e Giuliano Ferrara,
Carlo De Benedetti e Pier Ferdinando Casini, Vincenzo D'Anna e Fabrizio
Cicchitto, ovvero tutta gente che
notoriamente e da sempre lotta senza tregua contro la Casta. Così quanto
meno pare pensarla il presidente del Consiglio, che durante la puntata della
trasmissione di Rai 3 condotta da Lucia Annunziata, ha punzecchiato Maurizio
Landini, accusandolo di difendere la classe politica al potere e di impedire
che l'Italia cambi verso rinnovandosi. Peccato che nell'accozzaglia di
sostenitori del Sì vi siano alcuni degli esponenti più longevi della Casta,
ovvero gli stessi che dà almeno 30 se non 40 anni dettano legge in Parlamento,
nelle banche e in tv. Si può ragionevolmente pensare che Giorgio Napolitano, il
quale a novant'anni suonati ha assicurati, oltre allo stipendio e alla
pensione, uno stuolo di portaborse, non sia un autorevole rappresentante della
Casta? E si può ragionevolmente credere che Michele Santoro, uno che dalla Rai,
cioè da un'azienda pubblica, è entrato e uscito più volte riuscendo sempre a
guadagnarci, ottenendo anche di trascorrere una breve vacanza
all'Europarlamento, non faccia parte della Casta, per lo meno di giornalistica?
E allora forse, visto che l'accozzaglia è equamente
distribuita, che a sostenere il si ci sono «vecchi arnesi» esattamente come tra
chi sostiene il No, forse sarebbe ora di mettere da parte l'arma della retorica
anti Casta tanto cara al presidente del Consiglio e andare dritti al sodo della
riforma, senza ulteriormente scomodamente scomodare l’argomento del vecchio
contro il nuovo, che non solo non ha fondamento, ma che rischia di essere un
boomerang.
IMPRESSIONANTE PRODI!!! ASCOLTATE LA SUA VERGOGNOSA DICHIARAZIONE!!!
Ascoltate questo TRADITORE dell'ITALIA... che di recente è stato condannato dalla Giustizia Europea per tutta una serie di REATI!... Ascoltate LUI che ha TRATTATO per il cambio LIRA-EURO come CONFESSA DI AVER SVENDUTO LA LIRA
martedì 22 novembre 2016
TESORETTO DA MEZZO MILIONE DI EURO. REFERENDUM: QUANTO COSTA E CHI PAGA. I PARTITI FANNO SOLDI COL REFERENDUM.
Un euro per ogni firma raccolta, per un
massimo di 500mila euro di rimborso pubblico. A prescindere da quanti andranno
a votare per il referendum costituzionale del prossimo autunno, il comitato
nazionale “Basta un Sì”, avendo raggranellato le 500mila firme necessarie, ha
già maturato il diritto di passare all’incasso del mezzo milione di euro. Che
si tratti di referendum abrogativo o costituzionale, infatti, le consultazioni prevedono
il finanziamento pubblico diretto. Che si chiama però rimborso. Una sorta
di indennizzo economico per l’attività di promozione dei quesiti ammessi dalla
Consulta, che da un lato risarcisce i comitati civici che promuovono un
referendum, dall’altro rimborsa i partiti politici che li sostengono.
costituzionale basterà che il comitato
promotore riesca a raccogliere 500mila firme e l’accesso al rimborso sarà
automatico. Nel nostro ordinamento, per ottenere i fondi, nel caso di
referendum abrogativo è necessario raggiungere il quorum, cioè che voti il 50%
più 1 degli aventi diritto, se si tratta invece di referendum
Tutto legittimo, funziona così, lo ha stabilito la legge 157 del ‘99.
E’ la democrazia. Se non
fosse però che il refrain “per fare il referendum la tua firma conta”
della chiamata alle armi del Pd per il Sì alla riforma Renzi-Boschi ha confuso
non poco i cittadini, compresi i suoi militanti. Al di là del numero delle raccolte, firme infatti, la consultazione si sarebbe fatta comunque perché era stata
già richiesta ad aprile da un quinto dei parlamentari per il Sì e per il No, e
questo sarebbe bastato. Ma senza comitato niente soldi. E la caccia
all’ultima firma era indispensabile per arrivare al numero 500mila, necessario
per assicurarsi quel tesoretto di mezzo milione. Anche il comitato per il
No, guidato dai costituzionalisti Alessandro Pace e Massimo Villone, avrebbe
sperato ovviamente nello stesso esito, che vale soldi e visibilità mediatica,
ma il numero delle firme raccolte consegnate alla Cassazione sono state
316mila. Una buona base da cui partire, ma niente indennizzo. Così è stato
nel 2006, quando il comitato per il No alla riforma della Costituzione voluta
da Berlusconi ha ricevuto 495.000 euro; e nel 2001, quando il comitato per
il No alla riforma del titolo V, promossa dal Centrosinistra, non avendo
raccolto le 500mila firme necessarie non ottenne nessun rimborso. Dal 2000 ad
oggi sono stati pagati circa due milioni e
mezzo di euro di rimborsi elettorali per quattro referendum abrogativi e
uno costituzionale. I due quesiti sulla privatizzazione dei servizi idrici del
2011 hanno fruttato al comitato “2 sì per il bene comune” 1 milione di euro
(mezzo milione per ciascun quesito).
La stessa cifra che si è accaparrata Italia dei Valori di Antonio Di
Pietro per gli altri due quesiti abrogativi, quello sul legittimo impedimento
per le alte cariche dello Stato e il secondo sulla produzione di energia
elettrica nucleare in Italia
lunedì 21 novembre 2016
DEBITO PUBBLICO, L’ASCESA DI TRUMP FA SALIRE GLI INTERESSI. COSI’ IL PESO CHE GRAVA SULL’ITALIA PUO’ DIVENTARE INSOSTENIBILE. POVERA ITALIA CHE NON HA RIDOTTO IL DEBITO PUBBLICO
L'elezione del tycoon ha provocato un aumento generalizzato dei
rendimenti dei titoli di Stato, perché i mercati si aspettano che le sue scelte
economiche inducano la Fed a muoversi in quella direzione. Il Tesoro quindi
pagherà di più sulle nuove emissioni. Questo mentre la deflazione fa aumentare
il rapporto tra l'indebitamento e il Pil. Gli effetti sui mercati più
immediati e vistosi dell’elezione di Donald Trump sono stati il rafforzamento del dollaro
e un aumento generalizzato dei rendimenti dei titoli di Stato. Entrambi hanno una matrice comune: l’idea
che le scelte economiche della nuova amministrazione Usa produrranno
maggiore inflazione e quindi indurranno la banca centrale
statunitense a muoversi più in fretta nel percorso di rialzo dei tassi.
La prospettiva dell’aumento dei tassi fa
scendere i prodotti finanziari –
Un aumento dei tassi, o semplicemente la prospettiva che questo accada, provoca
un immediato adeguamento dei rendimenti di tutti i prodotti finanziari.
Ma l’unico modo in cui il rendimento di un titolo di Stato può scendere o
salire è la variazione del valore dello stesso titolo. Bund, Btp,
Treasury eccetera pagano infatti una cedola fissa che non cambia mai. Ad
esempio un titolo decennale che vale 100 e rende il 10% pagherà ogni anno
sempre 10. Se però nel frattempo i rendimenti salgono (a titolo di esempio di
un altro 10%), il valore del titolo scende. Se viene scambiato a 50 invece che
a 100 e la cedola è ancora di 10 l’interesse pagato diventa del 20%. Oggi i
mercati si attendono che i titoli di Stato di prossima emissione renderanno più
di quelli in circolazione e quindi il loro valore si adegua automaticamente. Questo
non sta accadendo solo in Italia. I rendimenti dei titoli decennali
Usa sono saliti fino al 2,3%, il bund tedesco è passato dal -0,2% di
ottobre al +0,3%, i Btp italiani a 10 anni sono saliti fino al 2,2% sui massimo
da oltre un anno. L’Italia però, come spesso accade, vive anche dinamiche
particolari. In qualche misura incidono anche le incertezze legate al referendum
del 4 dicembre, come dimostra l’allargamento del differenziale di
rendimento rispetto ai titoli spagnoli
SPEAD PEGGIO DEL 2001, PER L’ITALIA SARA’ UNA CATASTROFE
Giulio Tremonti: Alla vigilia del
referendum Bankitalia
suona l'allarme: in caso di vittoria del "No" al referendum, secondo
Palazzo Koch le conseguenze potrebbero essere pesanti. Si parla di spread e
dintorni, e chi della questione è più esperto se non Giulio Tremonti? In pochi.
Già, perché l'ex ministro dell'Economia, tra 2010 e 2011, aveva vissuto da via
XX Settembre l'incubo della vendetta
dei mercati. E ora, interpellato dal Corriere della Sera sugli
scenari post-referendari, circa la ventilata instabilità finanziaria mostra di
avere idee differenti: "La capacità delle banche centrali di interpretare
la realtà politica tende da ultimo verso il basso", spiega. E se non fosse
chiaro, quando gli viene chiesto se è sbagliato pensare che una vittoria del No
agiterà i mercati, Tremonti risponde tranchant: "Mi risulta
l'opposto. Se Matteo Renzi
resta con il dissesto finanziario che ha creato, con le promesse fatte, con le
difficoltà che avrebbe a tornare indietro, a non essere se stesso, il rischio vero è proprio che resti.
Con Renzi si stabilizza il rischio". Per Tremonti, dunque, meglio la
"cacciata” del premier.
Parlando di deficit,
diktat europei e manovra, l'ex ministro utilizza toni durissimi:
"Le coperture sono una tantum, o una pocum. Dove sarebbe lo spread -
chiede retorico - se non ci fossero gli interventi della Bce? Drammaticamente
peggio che nell'autunno 2011, ben oltre i 500 punti. Se la Banca d'Italia
facesse come allora una simulazione su questo punto, la saremmo tutti
grati". Per Tremonti, dunque, la situazione attuale è peggiore rispetto a
quella che affrontò un lustro fa. L'ex ministro conclude sottolineando come, a
suo parere, "il governo si è sviluppato per tre anni in assenza di realtà -
tassi zero, soldi gratis - ma la realtà torna con la durezza del tempo di ferro
che arriva. Che vinca il Sì o
il No. Non è solo questione di referendum o di strategie di
palazzo, ma di realtà che torna e chiede gli interessi. Su questo scenario
necessario - conclude apocalittico - uomini e idee sono tutti da
identificare".
BERLUSCONI SPRONA FI “ORA LA NOSTRA PRIORITA’ E’ FARE VINCERE IL NO”
Il leader punta a dare la spallata a Renzi:
«Metterò mano al partito dopo il voto»
Francesco Cramer - Roma Berlusconi tira la volata al No,
tiene d'occhio con apprensione Strasburgo e medita un rimescolamento di carte
in Forza Italia. Rientrato in mattinata ad Arcore, il Cavaliere continua a
tessere la sua tela. L'ultima mossa è stata quella di varcare il portone di via
XX Settembre, sede dell'ambasciata inglese a Roma. Un incontro estremamente
cordiale con la nuova ambasciatrice Jill Morris, nominata nel luglio 2016.
Durante il colloquio Berlusconi, accompagnato da Gianni Letta e Valentino
Valentini, ha potuto ripercorrere i suoi dieci anni di politica estera,
sottolineando l'amicizia che ha sempre legato i due Stati e rievocando l'ottimo
rapporto avuto con i leader inglesi, sia laburisti sia conservatori.
Naturalmente s'è parlato pure di Brexit e, su questo punto, l'ex premier ha
sottolineato come l'eventuale vittoria del No al referendum non avrà alcun
effetto catastrofico sul Paese. Tutt'altro: la bocciatura della riforma potrà
essere il volano per fare una riforma ben più efficace ma soprattutto condivisa
e non lacerante. «Così come la fecero i padri costituenti nell'immediato
Dopoguerra». Discorso da leader, accoglienza da leader. Peccato che Berlusconi
sia un Cavaliere dimezzato a causa della decadenza votata da palazzo Madama il
27 novembre del 2013. Ma la questione non finisce qui, per l'ex premier. Il
quale guarda con apprensione a Strasburgo, sede della corte europea che
potrebbe ridonargli onorabilità ed eleggibilità. Strasburgo s'è sempre mossa
con disarmante lentezza ma a infastidire il Cavaliere è l'atteggiamento del
governo. Lo Stato italiano, infatti, proprio in questi giorni avrebbe dovuto
spedire alla Corte una contro-relazione sul caso. Ma palazzo Chigi ha chiesto
agli eurogiudici una proroga di un mese per presentare il proprio dossier,
tenendo ulteriormente il Cavaliere sulla corda. Proroga concessa
venerdì 18 novembre 2016
“C’E’ SOLO UN LEADER: E’ RENZI. E POI CI SONO IO….”
Dietro l’endorsement pro premier c'è il disegno di
Berlusconi di riprendersi la coalizione: «Se vince il No sarà Matteo che dovrà
fidarsi di me»
Dopo quel riconoscimento a sorpresa, suonato, ma solo in apparenza,
quasi un endorsement, a Matteo Renzi riconosciuto come l'unico leader su
piazza, del quale ha ammesso anche il diritto di mandare la lettera agli
italiani all'estero, facile e prevedibile l'esultanza dei sostenitori del Patto
del Nazareno, un partito però spesso più di carta, che fatto di politica reale.
E facili i retroscena di chi vede nella mossa di Silvio Berlusconi un modo per
ingraziarsi il governo che deve ancora esprimere il suo parere alla Corte
europea di Strasburgo dove l'ex premier ha fatto ricorso contro la sua
incandidabilità. Prevedibile anche che si mettano di mezzo i problemi delle
aziende e quelli relativi alla quota di Mediolanum detenuta da Berlusconi che
la Bce ha congelato. Ma il punto è che Berlusconi a Rtl ha detto che in campo
ci sono solo due leader: Renzi e lui medesimo. Non a caso il capogruppo
leghista al Senato Gianmarco Centinaio subito reagisce ricordando la leadership
di Salvini. Certo, la sottolineatura di Fedele Confalonieri sul fatto che
«Renzi gli somiglia un po», si presta a rialimentare tutti i più prevedibili
retroscena, schiacciati sul lato aziendale, persino quello secondo il quale
Berlusconi ora sarebbe per il Sì (mentre ribadiscono i suoi è convintamente per
il No) e il solito che vede in Renzi il suo erede. di leader veri dentro la
politica ce n'è uno solo ed è Matteo Renzi», il Cav però aggiunge che c'è poi
lui medesimo e «fuori dalla politica». Notazione che di fatto non può non
ammiccare ai tanti, soprattutto agli elettori anti-sistema di Grillo, ritenuto
il nemico numero uno. Ragione per la quale ha voluto, almeno per ora, liquidare
Stefano Parisi per ricucire con Matteo Salvini che non vuole regalare ai
populisti. Dice il leader azzurro, parlando in terza persona: «Fuori dalla
politica forse di leader veri ce n'è qualcuno, ma dalla politica è stato
buttato fuori». E su Salvini: «Spero che la Lega possa aderire a una coalizione
con noi e che l'unica forza populista in Italia sia quella dei Cinque Stelle».
Apre al leader leghista e alla leader di F. d'I Giorgia Meloni, che con il
capogruppo alla Camera Fabio Rampelli aveva lanciato per prima le primarie di
coalizione. Il Cav ora non
UNA BELLA FOTO DI BRISIGHELLA 8^ CLASSIFICATA AL “WIKI LOVES MONUMETS 2016”
8° classificato: Paolo_forconi | Panorama della Rocca - Rocca Manfrediana - Brisighella (RA)
Motivazione: il
punto di vista inusuale permette di usare la strada per accompagnare lo sguardo
verso il castello, che quindi si sposa con il paesaggio in maniere armoniosa.
giovedì 17 novembre 2016
SPUNTA NUOVA TASSA SULLA CASA: POI RENZI CI RIPENSA. A DOPO IL REFERENDUM……..
Una nuova imposta sugli immobili. L'emedamento,
ammesso all'esame in commissione Bilancio, è stato presentato da ventiquattro
dem e punta a istituire un'imposta municipale sugli immobili che sostituisca
l'imposta municipale propria (Imu)
e il tributo per i servizi indivisibili (Tasi).
Già il nome è tutto un programma: Imi. La selva di polemiche, che si sono
riversate sul Pd, ha obbligato il partito di Matteo Renzi a fare retromarcia e ritirare
l'emendamento. Una nuova imposta, un nuovo balzello per stangare gli italiani.
L'emendamento del Pd
alla legge di bilancio, a prima firma Maino Marchi, chiede di sostituire
l'Imposta municipale unica (Imu) e il tributo per i servizi indivisibili (Tasi)
con l'Imposta municipale sugli immobili. L'Imi, questo l'acronimo della nuova imposta
proposta dai democrat, si applicherà in tutti i Comuni del territorio
nazionale, ferma restando, per le Province autonome di Trento e di Bolzano, la
facoltà di modificarla. "L'emendamento
sulla unificazione di Imu e Tasi fa due cose - commenta il presidente di
Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa - da un lato conferma quello che abbiamo
sempre detto, e cioè che la Tasi non è una tassa sui servizi ma una patrimoniale, così come lo è l'Imu. Dall'altro -
continua - aumenta la tassazione sugli immobili". Il limite
massimo ordinario della somma delle aliquote di Imu e Tasi, infatti, è del 10,6
per mille. L'emendamento, invece, lo porta all'11,4 per mille. Misura,
quest'ultima, che nel 2015 era stata ammessa solo in presenza di corrispondenti
detrazioni sulla prima casa - quindi senza aumenti di tassazione - e che per il
2016 è stata inopinatamente confermata, senza condizioni, solo per alcuni
Comuni, così come fa per il 2017 il ddl bilancio, con scelta già contestata da
Confedilizia. "Ci
aspettiamo che questo aumento di imposizione sugli immobili non faccia strada -
conclude Spaziani Testa - le tasse su case, negozi e uffici vanno drasticamente
ridotte. Con questo emendamento verrebbero addirittura aumentate".
Le polemiche sono tali che alla fine il Pd deve fare retromarcia e ritirare l'emendamento. "Non vogliamo che ci siano dubbi o
strumentalizzazioni, per questo lo ritiriamo", si limita a
commentare Marchi. "Siamo
al festival dell'emendamento - prende le distanze Renzi - oggi ce ne era uno in
cui l'Imu diventava Imi. Siamo al 'compro una vocalè di Mike Bongiorno e io me
ne intendo...". Ma, al di là del tentativo di smarcarsi,
resta il tentativo del partito del premier di stangare (ancora una volta) gli
italiani sulla casa. A dopo il referendum.
BEPPE SANGIORGI Resto del Carlino – Esattamente 200 anni
fa, ne raccontato nel recente libro Casola Valsenio, i primi 800 anni, nasceva
per motivi di prestigio e territoriali un contenzioso tra i comuni di Casola
Valsenio e Brisighella. Lite che si è protratta senza conclusioni di colpi per
120 anni e strascichi appianati solo poco fa. Nel 1816 Papa Pio VII i che le
dodici parrocchie brisighellesi comprese tra la Sintria e il Lamone - vale dire
un territorio di a tornature con duemila abitanti venissero aggregate al comune
di Casola Valsenio. DA TEMPO era in atto una lite fra i comuni m quanto il
confine di Brisighella arrivava al fiume, sotto l'abitato di Casola, poste di qua e di là del ponte che univa le
due sponde. Già l'anno prima il prelato brisighellese Domenico Cattani
informava da Roma i suoi compaesani che i casolani avevano chiesto il passaggio
sotto la loro amministrazione di una fetta di territorio subito di là del
fiume, per la tranquillità e il decoro del paese. I brisighellesi ovviamente
insorsero contro tale richiesta, accusando monsignor Giovanni Soglia, poi
divenuto cardinale, di agire a loro danno. «Cosi - scrive un cronista
brisighellese - essendo casolano e uomo di qualche autorità in Roma e stando
soprappiù a' servigli del pontefice si reputava autore di questo intrigo,
laonde non è a dire quanto il suo nome e quello di ogni altro Casolano si
maledicesse». I brisighellesi non avevano tutti i torti riguardo all'influenza
del Soglia e dello zio monsignor Giacomo . Il cardinale Giovanni Soglia Coroni
LA RICOSTRUZIONE La decisione di Pio VII fu influenzata, pare, dal cardinal
Soglia como Braga nei confronti del pontefice Pio VII. CIRCOLAVA infatti a
Casola e a Roma il detto: «Se di Pio il favor vuoi che t'appaga, bacia prima la
Soglia e poi la Braga». Di fronte alla decisione del Papa, che stabiliva la
popdita di un vasto territorio, Brisighella insorse con maggiore veemenza ed
inviò emissari a Roma dotandoli di 200 zecchini d'oro per «ungere le ruote».
Casola a sua volta riuscì a corrompere il segretario della comunità di Brisighella,
così da poter conoscere in anticipo le mosse dei brisighellesi, ma il
«doppiogiochista» venne ben presto scoperto. LA CONTESA si concluse nel 1828
con l'aggregazione definitiva al Comune di Casola delle parrocchie di Pagnano,
Settefonti, Pozzo, Sant'Andrea e Valdifusa. Una conclusione che accontentava Casola
e limitava le perdile di Brisighella che però ritenne tale risoluzione un
affronto e una ferita all'orgoglio del paese. Tanto che ancora dopo un secolo e
mezzo si narra che una Ceroni di Brisighella conservasse nel suo palazzo un
ritratto del lontano parente cardinal Soglia Ceroni, tenendolo però in disparte
e commentando amaramente: «Proprio lui ci doveva portare via un pezzo di
terra!». IL RIORDINO del territorio provoco anche una ingarbugliata vicenda
relativa al catasto urbano di Zattaglia che è stato appianato solo pochi anni
fa. E ancor oggi a Casola c'è chi afferma che Brisighella ha avuto otto o nove
cardinali e Casola solo uno, ma questi ha avuto più forza, facendo piangere i
brisighellesi.
mercoledì 16 novembre 2016
CLANDESTINI IN AMERICA…….
O voi che vi disperate per la volontà espressa
da Trump di deportare 3 milioni di
clandestini. Sapete quanti ne ha deportati dal 2009 al 2015 il vostro idolo Obama? 2,5 milioni. E sapete quanti ne
hanno arrestati nei primi 10 mesi del 2016? 600.000. Però, immagino, questo non
vi sconvolgerà. O sì?
TERREMOTATI, ERRANI NON CONTATE TROPPO SU QUELLE CASETTE………..
Dopo averle promesse fin dal primo giorno, averle previste prima di Natale, poi entro sette mesi, poi averle fatte
slittare perché non si sa quando, le famose casette di legno per i terremotati
rischiano di diventare sempre più un miraggio. Lo si è capito bene negli
incontri che il commissario alla ricostruzione, Vasco Errani e il capo della
protezione civile, Fabrizio Curcio stanno facendo con le migliaia di sfollati
dai paesi messi ko dal primo, dal secondo e dal terzo terremoto. Errani e
Curcio valutano le nuove esigenze, cercano insieme alle altre istituzioni
coinvolte nel tour (presidenti di Regione e sindaci) di disincentivare il più possibile la richiesta dei prefabbricati in
legno. Primo perché non costerebbero poco (fra 60 e 80 mila euro ciascuna) e
sarebbero una soluzione provvisoria. Secondo, perché gli ordini fin qui non
sono stati fatti a regola d’arte, le esigenze sono aumentate, e i tempi di
consegna ritardati. Si rischia quindi più che di risolvere situazioni, di
creare nuovo malcontento fra i terremotati, e soprattutto fra quelli restati
senza casa a fine agosto che ormai da mesi viaggiano da nomadi fra un ricovero
e l’altro. L’ultimo incontro di Errani è stato con i terremotati di Arquata, e
ha lasciato molti a bocca aperta. Il commissario infatti è un politico e per certi versi ha fatto il suo comizio, raccontando
cose che alla gente non importavano nulla. “Ecco, questo passaggio con
l’ipotesi che fra chi aveva davanti ci fosse pure qualche imbroglione, ha dato
l’impressione ai più che quelle casette
in legno potranno sognarsele. Ma Errani voleva da buon politico parlare di
sé, della sua credibilità: “C’è un patto di lealtà, di corrispondenza fra di
noi. E se io non rispetto uno di questi patti voi siete autorizzati a dirmi che
sono una persona poco seria”. Errani ha garantito che al 100% verrà ricostruito
tutto. Ma ha fatto presente che non sa dove verrà ricostruito: “dovremmo fare
una valutazione anche dell’assetto idrogeologico del sistema”. Per la ricostruzione,
di cui non sono stati forniti i tempi, Errani ha spiegato la procedura: si
dovrà attingere a una lista di professionisti e a una di imprese verificate da
Anac e in regola con la certificazione antimafia. Poi bisognerà che “i
professionisti facciano un contratto professionale con ciascuno di voi, nel
quale deve esserci scritto quando presenterà il progetto all’ufficio della
ricostruzione.che li valuterà”. Se ci sarà l’ok “voi dovete portare il progetto
in banca. Voi non dovete tirare fuori un euro. Se qualcuno ve lo chiede,
segnalatelo ai carabinieri. Portate il vostro progetto alla banca, è la banca
pagherà all’impresa gli stati di avanzamento. Solo con lavori fatti”.
lunedì 14 novembre 2016
TERREMOTO:, IL SISMOLOGO CASOLANO LINGUERRI “ANCHE NOI SIAMO A RISCHIO”
Sette Sere -
«Non possiamo dire con certezza scientifica cosa succeda qui da noi a
seguito delle importanti e devastanti scosse avvenute nel centro Italia in
questo ultimo periodo. Quello però che possiamo affermare con trasparenza ed
evidenza, perché sono scritti sui rulli di carta dei miei sismografi, che da
allora, e nelle ultime settimane, ho registrato quasi trecento scosse. Mote
delle quali collocate nel comprensorio forlivese e mugellano». Questo è quanto
afferma Flavio Linguerri, ex elettricista e sismologo per passione amatoriale,
sulla situazione riguardante questa particolare fase di instabilità tellurica.
Nel suo studio allestito a Casola Valsenio, Linguerri, da una trentina di anni,
precisamente dopo la morte del suo «maestro» faentino Raffaele Bendandi, registra
e capta i movimenti della terra sparsi in tutto il mondo. In queste ultime
settimane i pennini dei suoi strumenti hanno continuato a oscillare con estrema
frequenza. «Tanto è che devo staccarli se non mi finiscono tutta la carta. Da
piccoli terremoti a scosse di quasi 3,4 gradi Richter - sottolinea lo stesso
Linguerri - è un'oscillazione continua. Non possiamo dire se i fatti sia
interconnessi. La situazione dell'Italia però è chiara. La parte tirrenica si
sta spostando allontanandosi da quella adriatica. Questo sta creando movimenti
di faglia importanti». Spostamenti che hanno portato gli scienziati a misurare,
ad esempio, un abbassamento del terreno di 60/70 cm rispetto al passato nelle
ultime zone colpite a fine ottobre. Sul territorio romagnolo la situazione non
è facile da fotografare. «Le zone sismiche che ogni tanto si risvegliano -
spiega il sismologo casolano - sono quelle del Mugello e del forlivese. Non
posso dire con scientifica certezza se il rapporto sia conseguente ai fatti di
Arquata prima e di Norcia poi. Sta di fatto che la terra si sta muovendo e i
miei strumento lo registrano». (r.iso.)
venerdì 11 novembre 2016
ATTACCATI AL TRUMP
Nella puntata di Matrix andata in onda ieri sera, Vittorio Sgarbi esprime tutta la sua
felicità per la vittoria di Donald Trump alle elezioni americane. Davanti
a un divertito Nicola Porro, il critico d'arte non trattiene
l'entusiasmo: "Trump da' felicità, perché ci assomiglia, è la parte
peggiore di noi, Trump è il trionfo della libertà". Poi Sgarbi riserva
parole pesanti sull'avversaria Hillary Clinton: "Tu pensa questa
Hillary Clinton che, dopo aver buttato bombe per importare la democrazia, ha
pure la faccia di quella che ha ragione. Una delinquente, una criminale di
guerra, che andrebbe arrestata come Milosevic, che ha distrutto l'ordine del
paesi. Non c'è bisogno di bombe per affermare la democrazia. lasciali in pace
Gheddafi, Saddam Hussein...questa criminale di guerra ci faceva pure la
morale". Porro tenta, invano, di fermare l'inarrestabile Sgarbi:
"Trump vuol dire che puoi parlare di f.... Prima di lui non potevamo dire
che ci piaceva una ragazza che veniamo accusati di stalking. Trump è lo stalker
per tutti noi, è la libertà per l'eteropride". Parole dure anche per il
presidente uscente, Barack Obama: "È un terrorista che non è stato
in grado di cancellare Guatanamo. Trump vuole eliminare la Nato, è
meraviglioso". Dopo aver detto al conduttore: "Porro, tu sei
Trump", l'ultima stoccata è riservata al presidente del consiglio:
"Anche in Renzi c'è Trump. Quando Renzi prende in giro il povero
Letta dicendogli stai sereno e anche quando caccia D'Alema. Il vero
Trump è Renzi". (GUARDA IL VIDEO)
SINISTRA SOTTO UN TRUMP
Alessandro Sallusti - Il trionfo del magnate fa impazzire
vip, buonisti e benpensanti. E getta nel panico Renzi: dopo Brexit e Usa, tocca
al referendum. Il mondo non si è fermato né è crollato, anzi le Borse hanno
alla fine brindato al nuovo venuto. Nessun disastro quindi, come nel dopo
Brexit, come sarà il 5 dicembre in Italia se dovessero vincere i «no» al
referendum costituzionale, come sempre accade quando il popolo ha la
possibilità di esprimersi liberamente. Il successo di Trump ha smascherato i
terroristi politici e mediatici che avevano previsto scenari apocalittici. E
pure gli imbroglioni, i faziosi, le star di Hollywood che dal chiuso delle loro
ville dorate e blindate pensano di sapere come gira il mondo. Trump ha distrutto, spero per sempre, il
politicamente corretto, cancro della modernità, ha seppellito i complessi di
colpa per non essere chic e buonisti come ci vorrebbe la sinistra. Ha vinto
perché è un unicum, come lo è stato da noi Silvio Berlusconi vent'anni e passa
fa, perché ha dato dignità ai cittadini che hanno paura degli immigrati invece
di bollarli come razzisti, perché ha detto che un Paese è tale in quanto ha
confini inviolabili e leggi da rispettare, perché dice che abbasserà le tasse,
che frenerà l'invasione oltre che di uomini anche di merci per favorire le
imprese americane. Ha vinto perché non è un politico (prima volta nella storia
dell'America), perché Obama è stato uno dei peggiori presidenti e perché la Clinton
era, ed è, esattamente il contrario di tutto questo. Ci voleva tanto a capirlo
e prevederlo? Non credo, eppure è andata così. A rileggere i giornali e a
rivedere i telegiornali e i programmi Rai delle ultime settimane non so se c'è
da ridere o piangere, ma certo c'è da vergognarsi ad appartenere a una
categoria con un tasso così alto di stupidi tromboni che confondono i salotti
di New York per l'America: Hillary la santa vincente, Donald il maniaco
impresentabile. E tutti, da Papa Bergoglio al duo Renzi-Boschi fino ai grandi
capi dell'Europa fallita e snaturata a suonare la grancassa. Salvo poi prendere
atto che le donne, gli immigrati, gli operai e i cattolici americani hanno
scelto di stare con il «Dio, patria e famiglia» di Trump invece che con la
melassa clintoniana. Al povero Renzi non ne va più bene una. Dopo quelle pacche
sulla spalla con Obama alla Casa Bianca, dopo quel suo tifare sguaiato per la
Clinton nella recente visita a Washington, pensava di essersi assicurato un
futuro da statista. È finito sotto un Trump: cornuto e, dal 5 dicembre, pure
mazziato dagli italiani nell'urna. Lui cadrà, il mondo no. Proprio come per la
Clinton ieri.
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