mercoledì 30 novembre 2016

REFERENDUM, LETTERA DEL PRESIDENTE BERLUSCONI

il Presidente                                                              Arcore, 29 novembre 2016
 







Se invece vincesse il PD, grazie alla nuova legge elettorale, si innescherebbe una deriva pericolosa.
La vuole un governo, quello di Renzi, che non ha risolto neppure uno dei problemi del nostro Paese, ed anzi ne ha aggravati diversi. Dopo 1000 giorni di governo Renzi, l'Italia ha aumentato di 106 miliardi il suo debito che tutti noi dovremo pagare, lo Stato ci toglie con le tasse la metà della ricchezza che produciamo, il numero dei poveri è aumentato di un milione nell'ultimo anno.
Con questo Referendum, Renzi cerca quella legittimazione che non ha mai avuto dal voto degli italiani. Anche per questo noi diciamo No e invitiamo anche Te a dire No con noi.
Se anche Tu credi, come noi, che l'Italia abbia bisogno di un cambiamento in meglio (e non in peggio come quello che Renzi ci propone occupando radio e Tv), di un cambiamento di governo, di un abbattimento della oppressione fiscale, della oppressione burocratica, della oppressione giudiziaria, allora non esitare domenica 4 dicembre: vai a votare e vota No.
Per Te e per i Tuoi figli, per un comune futuro di prosperità, di giustizia e di libertà. 

Per Te e per i Tuoi figli, per un comune futuro di prosperità, di giustizia e di libertà. 
Per Te e per i Tuoi figli, per un comune futuro di prosperità, di giustizia e di libertà. 



Il 4 dicembre avrai in mano un'arma con la quale potrai fermare una riforma del tutto inaccettabile e nemica della democrazia.
Una riforma che - se venisse approvata - renderebbe impossibile governare per il centrodestra o per chiunque tranne il PD.
Questo è assurdo, intollerabile, ingiustificabile, perché cancella il concetto stesso di democrazia.  Avremmo un Senato nel quale la sinistra avrebbe automaticamente una maggioranza assoluta almeno del 60%, perché le regioni, e non più i cittadini, nomineranno i senatori, e il PD controlla 17 regioni su 20. E poiché il Senato conserva compiti importantissimi, anche se gli elettori dessero la maggioranza a noi, i nominati dal PD al Senato potrebbero bloccare l'azione di governo.
Infatti una sola forza politica con il 30% dei voti potrebbe avere tutti i poteri. Il 30% dei voti significa il 15% degli elettori, visto che ormai purtroppo la metà degli italiani non vota.
Così, con il voto di un italiano su sei, un partito potrebbe non solo governare, e controllare il Senato, ma anche scegliere le massime istituzioni di garanzia, dal Capo dello Stato alla Corte Costituzionale.
Per questo il tuo voto è importantissimo. Non cedere alla tentazione di restare a casa: questo Referendum non è come gli altri, non prevede un numero minimo di votanti. Varrebbe anche se votasse un solo cittadino. Se rimani a casa gli altri decideranno comunque per Te. La scelta in fondo è semplice: puoi accettare o respingere una riforma sbagliata, inaccettabile in democrazia, che non fa risparmiare nulla, che rende le istituzioni meno efficienti.
La disoccupazione non diminuisce, è rimasta quella di tre anni fa, quando Renzi è entrato a Palazzo Chigi, di tre punti percentuali più alta del livello al quale noi l'avevamo lasciata nel 2011.
La sicurezza è a rischio per tutti, l'immigrazione è fuori controllo.

Il nostro No non ha lo scopo di lasciare le cose come stanno. Ha lo scopo di ridare la parola agli italiani per un governo diverso e per un vero cambiamento, condiviso e positivo, della Costituzione.
Ci impegniamo infatti, dopo la vittoria del No, a lavorare con tutte le parti politiche ad una nuova e diversa riforma che dovrà contenere:
1) Un limite costituzionale alla pressione fiscale, per cui nessun governo, neppure un governo di sinistra, potrà aumentare le tasse oltre un certo limite.
2) Un taglio drastico al numero dei parlamentari in modo che diminuiscano a 450, contro i 1000 attuali: 300 alla Camera e 150 al Senato.
3) Il vincolo di mandato: un parlamentare non deve poter cambiare schieramento, deve rispettare quello in cui è stato eletto. Se cambia idea, deve dimettersi.
4) L'elezione diretta del Capo dello Stato, in modo da sottrarla ai partiti e affidarla ai cittadini.
Renzi minaccia ogni giorno, se dovesse vincere il No, crisi nei mercati finanziari, instabilità e ritorno al passato.

Non succederà nulla di tutto questo. Nessuna instabilità e nessun ritorno al passato.
Si terranno invece nuove elezioni, con una nuova legge elettorale che rispetti la volontà dei cittadini, per avere finalmente una maggioranza di governo che corrisponda alla maggioranza degli italiani.
Silvio Berlusconi

4 DICEMBRE 1944 LA LIBERAZIONE DI BRISIGHELLA: LA RAPPRESAGLIA DI S.STEFANO SETTEMBRE 44 - TESTIMONIANZE DEI FAMIGLIARI DELLE VITTIME.



MARCO LOLLI CERONI – Ho raccolto alcune testimonianze di un fatto accaduto durante il passaggio del fronte a S.Stefano nel settembre 1944. Una rappresaglia delle S.S. e delle Brigate repubblichine verso i contadini della zona di S.Stefano. Conti Giorgio era mio nonno e fu l'unico sopravissuto.
La parrocchia di S.Stefano in Zerfognano è una comunità adagiata poco sotto una delle tante dorsali che dalla via Emilia risalgono verso l'appennino. Situata alla quota di poco oltre 300 metri è composta da poderi e case rurali. Il Prato, la Lama, il Castellaccio Nuovo, il Castellaccio Vecchio, la Colinaccia, Monticello, e Dugento, sono i poderi più adiacenti alla chiesa. Anche se non esiste un agglomerato vero e proprio, da tutte le abitazioni, è quasi sempre possibile scorgere le altre, come se facessero parte di un piccolo borgo. Nel settembre 1944 quella zona fu teatro di scontri tra tedeschi e gruppi partigiani che culminarono nella rappresaglia del 25 settembre.
VENERDì 22 SETTEMBRE 1944 : alcuni partigiani provenienti da Fornazzano, diretti verso Faenza, comandati da Liverani "Palì" si riparano per la notte nella case della zona di S.Stefano in Zerfognano. Il Prato è uno dei poderi più vicino al crinale e alla chiesa. La casa è molto grande e riescono ad viverci molte persone. In quei giorni gli occupanti sono addirittura diciassette. C'è Zauli Domenico detto " Minghì de Prè" di anni 51 reduce della 1° guerra mondiale il quale aveva trascorso cinque anni sul Carso; la moglie Emma Montevecchi (anni 41); tre sorelle Vittoria 19 anni; Pia 20 anni; Caterina 18 anni e quattro fratelli; Paolo (anni 15), Ugo (anni 11) Tommaso " Masì" ( anni 9) e Gaetano di 18 mesi. C'è Suo fratello Ubaldo Zauli, detto "Baldì" di anni 57 e la sorella Lucia ( 54 anni) con il marito Angelo Mamini "Angiolì", una figlia, Rosa (13 anni) e un figlio Valerio (anni 17) sfollati da Faenza. C'è Piercarlo Montevecchi (anni 14 e cugino di Emma Montevecchi) fratello di latte di Paolo, figlio della maestra di Zattaglia, Giulia Montaguti. Ci sono infine i genitori della farmacista di Fognano sfollati invece da Marradi dove imperversano le battaglie con gli inglesi della 5° armata. Anche al Prato, nonostante il timore di qualche spiata ai tedeschi o ai repubblichini, la famiglia Zauli accoglie questi giovani partigiani quasi tutti natii del faentino o zone limitrofe: Castel Bolognese, Solarolo, Riolo Terme. Tra di loro, il  faentino Gino Monti e "Attila". Rimangono qualche ora, mangiano qualcosa e prima di partire a notte inoltrata. Riescono perfino ad intonare qualche canzone e qualche ballo. Alcuni rimangono a dormire nel fienile, ma all'alba sono già spariti.1
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4 DICEMBRE 1944 LA LIBERAZIONE DI BRISIGHELLA: LETTERA APERTA VINCENZO GALASSINI


Lettera aperta di Vincenzo Galassini dedicata alla Liberazione di Brisighella
Lunedì 8 Dicembre 2014 - Brisighella -- Brisighella ha celebrato Il 4 dicembre il 70^ anniversario della liberazione. Avevo cinque all’epoca, sono nato il 5 dicembre. I ricordi sono flebili, data l’età, ma una cosa è certa i miei genitori, mia madre cattolica e mio padre d’idee socialdemocratiche mi hanno inculcato il coraggio e l’amore per la verità . Ricordo vagamente, il piccolo rifugio nella cantina, dove abitavo in via 24 maggio e quello immenso della Famiglia Lega. Porto ancora il segno, nell’orecchio, del morso di un topo quando ci rifugiavamo per l’arrivo dell’ aereo “pippo”, ma non certo il timore. Ci sono ancora alcuni piccolissimi segni di schegge nella facciata di casa e ricordo i nascondigli che usavano per nascondersi, conosciuti da più grande, che mi sembravano facili da trovare, forse perché nessuno era venuto a cercare. Ricordo la sera del 18 aprile del 1948 quella della vittoria della Democrazia Cristina e di Saragat, sul Fronte Popolare. Davanti all’osteria di mio zio Gigiolè in via Fossa, c’era un gran traffico di brisighellesi che si dirigevano nella piazza Carducci, poi, ricordi certi e sicuri: la musica che proveniva  dall’arena parrocchiale Giardino, del film Sangue Arena,  Verde Luna,  martellante, ma bella. Brisighella è stata politicamente per tanto tempo “un’isola bianca”, nel periodo dei miei studi ricordo il diverso linguaggio dei miei maestri da Parini, severo e austero, a Dalmonte più ambiguo, che ho conosciuto poi in politica. Nella scuola di avviamento professionale, come dimenticare  l’austero prof. Giberti. Allora non si parlava della Resistenza con insistenza come oggi. Immenso era, il cimitero dei soldati tedeschi che vedevo in via  F.lli Cardinali Cicognani inizio di Via Puriva.  Nel 1956 ricordo l’invasione dell’Ungheria da parte dei sovietici e la mia prima protesta con gli altri  studenti a scuola a Faenza.  Sulla Liberazione di Brisighella, poco si è scritto, molto invece su Cà Malanca. Ricordo i vari avvenimenti e celebrazioni per ricordare la Brigata Maiella sciolta a Brisighella, la Friuli, le varie cerimonie con parole generaliste ma non particolari non specifiche di brisighellesi. Per conoscere i fatti e i dettagli, della liberazione di Brisighella, si è dovuto aspettare il 2004 (sessantesimo della liberazione) con il bel libro pubblicato dall’Associazione La Memoria storica di Brisighella: “Brisighella 1944 - nell’oppressione, nella prova, un popolo solidale”.  Un libro curato da diversi autori, protagonisti dell’epoca, ancora viventi, che ne hanno dipinto un quadro direi quasi completo ma con zone d’ ombra non approfondite, forse per l’età degli scrittori ma forse ancora per timore dei fatti della sinistra comunista, allora fondamentale per Brisighella. Per esempio la presenza Sap (Squadre di azione patriottica) di origine cattolica, aperte al contributo di tutte le idee politiche anche socialiste, diversa dalle altre formazioni di sinistra comunista che operavano a parte; il contributo di vita pagato dai tanti civili. Il fronte non si fermò a Brisighella, colpì particolarmente Riolo Bagni

martedì 29 novembre 2016

REFERENDUM, LA RIFORMA COSTITUZIONALE DI (DU)CETTO LA QUALUNQUE


Cavour, Giolitti e Mussolini governarono sostanzialmente con lo stesso sistema costituzionale, ma con leggi elettorali diverse. Fu l’introduzione del suffragio universale (in un paese ad alto tasso di analfabetismo), e il Patto Gentiloni che ne derivò, a cambiare gli assetti politici reali. In poco tempo l’Italia fu spinta verso la Prima Guerra Mondiale, sull’onda delle pressioni violente esercitate dalla teppa interventista di destra e di sinistra. Finita la guerra più inutile della Storia, il sistema elettorale generò il caos da cui originò il fascismo. E infine fu la legge Acerbo (voluta da Mussolini e che determinò l’aggregazione del Listone) a trasformare un sistema più o meno rappresentativo in una dittatura. E’ questo il quadro storico da non dimenticare il 4 dicembre. A dispetto dei ragli di chi si ostina a ripetere che l’Italicum non è oggetto della riforma costituzionale soggetta a referendum, gli effetti nefasti della riforma Boschi-Verdini derivano dalla combinazione con una legge elettorale demenziale partorita dall’arroganza puerile del Ducetto La Qualunque convinto di avere in mano il Paese grazie a un’elemosina di 80 euro. Una Costituzione che rafforzi i poteri del governo nel quadro di un sistema parlamentare con sistema elettorale proporzionale, sortisce effetti totalmente diversi quando il sistema elettorale regala a una minoranza la maggioranza dei seggi in Parlamento. Gli argini all’autoritarismo e all’arbitrio o, se preferite, un efficace equilibrio di pesi e contrappesi assicurato dalle dinamiche di una coalizione parlamentare, in un sistema maggioritario deve essere garantito da istituzioni non soggette al controllo della maggioranza. Invece la riforma elettorale assegna al caporione del partito che vince le elezioni oltre al governo, il controllo di Commissioni Parlamentari, Rai, Autorità indipendenti (si fa per dire), Forze Armate, Polizia, Banca d’Italia, Eni, Finmeccanica, Inps, Enel, Cassa Depositi e Prestiti, Poste, Agenzia delle Entrate, Equitalia (o come cavolo verrà ribattezzata), Ferrovie e una forte influenza su Presidenza della Repubblica, Corte Costituzionale e Csm. E, come ciliegina, il caporione controllerà i cordoni della borsa su una miriade di enti locali (con annesso sistema sanitario) nonché i salvataggi di banche e imprese in dissesto. Detto in termini semplici, una legge elettorale assurda e una Costituzione che non prevede argini alle decisioni del governo in un paese dove lo Stato controlla direttamente o indirettamente oltre due terzi dell’economia, significa instaurare un regime. Lo Statuto delle Opposizioni è solo una carognata in quanto viene votato a maggioranza in Parlamento, cioè in pratica viene dettato dal governo.
La Costituzione fissa principi generali e regole vaghe. Il problema è che tali principi e regole vanno fatti rispettare. Questo compito spetta all’autorità costituita. Ma se tale autorità non ha nessun interesse ad agire, anzi propende per la violazione delle regole costituzionali a proprio vantaggio, la Costituzione diventa come lo Statuto Albertino durante il fascismo. Ad esempio l’art. 24 dello Statuto recitava: “Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinanzi alla Legge. […] Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammessi alle cariche civili e militari, salve le eccezioni determinate dalle leggi”. Questo articolo non impedì le leggi razziali contro gli ebrei. Lo Statuto prevedeva la libertà di stampa (art. 28) e la libertà di riunione (art. 32), ma non garantì nessuna delle due perché non esistevano istituzioni che potevano opporsi al governo del Duce, nemmeno il Re. Per concludere, un sistema costituzionale non si giudica dal fatto che se vincono i nostri tutto va per il meglio. Si giudica dal fatto che se vincono gli altri il sistema non si trasforma in un’autocrazia. La democrazia è in prima istanza un meccanismo per limitare i poteri del sovrano e della maggioranza. Non per aprire a qualche campiere della massoneria agropastorale toscana, insieme al rottame comunista salernitano, la porta del potere.


lunedì 28 novembre 2016

REFERENDUM, BERLUSCONI IN CAMPO : “NO PER FAR CADERE GOVERNO”


Un unico fronte del No ma diverse vedute su quello che sarà il dopo 4 dicembre e soprattutto sul futuro del centrodestra. A otto giorni dal voto Silvio Berlusconi, come promesso, intensifica le sue apparizioni televisive per la campagna elettorale e il suo appello è forte e chiaro: "Bisogna andare a votare per un deciso e responsabile No, anche per mandare a casa un governo che non risolve niente". L'ex Cavaliere sceglie gli studi di canale 5 per sfidare, se pur a distanza di qualche minuto, il premier. Con la riforma costituzionale e l'Italicum "si è cucito un vestito addosso" per diventare "il padrone d'Italia", è l'accusa. Le regole del gioco, invece, vanno scritte insieme. Ecco perché il leader di Forza Italia, dopo un'eventuale vittoria del No, continua a "sperare" nella volontà di renzi di aprire un tavolo sulla legge elettorale, al quale invita a sedere anche "tutte le forze nel nostro Paese". L'ex Cav punta a modificare l'Italicum tornando "al proporzionale, con un limite per i piccoli partiti per non avere una frammentazione eccessiva del Parlamento". Se invece dovesse vincere il Sì, è sicuro Berlusconi, la storia d'Italia "cambierà nel male". È per scongiurare questa ipotesi, mosso "dal senso di responsabilità" verso il Paese che ama che è tornato in campo. E per lo stesso senso di responsabilità, dice dal salotto di Barbara D'Urso, che potrebbe anche ricandidarsi dopo una pronuncia favorevole della corte di Strasburgo. Matteo Salvini, almeno a parole, è pronto ad accoglierlo a braccia aperte. "Sarei davvero felice se uscisse dagli impedimenti e fosse in condizione di ritornare pienamente alla politica", dice, non dimenticando di sottolineare, però, come i tempi siano cambiati. "Dobbiamo tutti guardare avanti. Non possiamo ripresentarci agli italiani nello stesso modo in cui lo abbiamo fatto sempre. Il che significa che chiunque voglia sfidare il Pd alle prossime elezioni dovrà avere la piena legittimazione degli italiani.




giovedì 24 novembre 2016

PEDIATRIA FAENZA LUGO COSI’ CI PRENDONO IN GIRO


La scelta dell'Ausl di abolire nuovamente, seppur temporaneamente, la guardia pediatrica notturna, nonostante le assunzioni, reintroducendo per Faenza e Lugo la reperibilità, sta scatenando reazioni a catena. L'altro giorno il primo a sollevarsi è stato il comitato "Giù le mani dalla pediatria".  Una lettura più soft, ma non priva di critiche, la fornisce Paolo Palmarini della UiI, che collega il discorso delle penalizzazioni di Faenza e Lugo al percorso in atto di unione dei due ospedali. Un percorso che ha registrato un accelerazione il 10 novembre, dopo una riunione avvenuta tra le parti, giudicata dai sindacati «molto positiva». Ad avviso di Palmarini, «non si capiscono le motivazioni per cui, espletato il concorso, gli otto pediatri assunti nell'Ausl Romagna non possano entrare in servizio prima di febbraio. Anzi, considerata la situazione di Faenza e Lugo, dove era stata da poco reintegrata la presenza fissa, sarebbe proprio questo il territorio dove dovrebbero essere insediati prima che altrove, almeno per garantire ciò che era appena stato concesso». Tutto ciò forse accade perché Faenza e Lugo sono realtà più piccole di quelle provinciali in area Romagna. ancora alla ricerca di una stabile fisionomia sanitaria: «Perciò è importante che sia ratificata il prima possibile la sinergia tra i due ospedali da considerarsi blocco unico per un bacino di oltre 200mila abitanti, cioè più grande di alcuni territori provinciali. A quel punto, se non vi fossero attenzioni, allora davvero bisognerebbe pensare a distrazioni volute».

SILVIO BERLUSCONI A MATRIX: “UN NO DECISO E RESPONSABILE”


"Berlusconi a "Matrix": "Se vince No serve tavolo per riforma condivisa. Il veto di Renzi alla Ue? Minaccia infondata. Mediaset? Solo timore fisiologico da imprenditore"
Il Cavaliere è stato accolto nello studio dalle immagini delle coppe vinte dal Milan. Ma il tema caldo è uno solo: il referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre: "Il mio No è deciso e responsabile", ha detto Berlusconi, rispondendo a chi parla di una campagna "tiepida" da parte sua: "Qualcuno mette in giro la storia del ni, ma non è così", spiega, "Oggi il pericolo comunista non c’è più. c'è un sia un sistema tripolare, con Movimento 5 stelle, Pd e centrodestra". Resta quindi la critica all'italicum, un "vestito cucito su misura" per Renzi che ora calza a pennello ai Cinque Stelle e che porta a una deriva autoritaria: "Un’estrema minoranza può avere il governo del Paese, molti italiani - oggi al 50% - non vanno più a votare", spiega l'ex premier, "Solo con un sistema proporzionale si può avere un sistema che rappresenti la maggioranza degli italiani. Bisogna eliminare il ballottaggio".
E se vince il No? "Ho parlato con Mattarella. Non succederebbe nulla", ribadisce, "si apre la possibilità di una riforma della costituzione molto diversa e positiva. Sarà indispensabile sedersi a un tavolo per discutere la riforma costituzionale e una nuova legge elettorale".
Sui sospetti che Mediaset si schieri per il Sì per il timore di ritorsioni da parte del governo, Berlsuconi spiega: "Mi sono pentito di ciò che ho detto ieri, ma io ho fatto riferimento a quello che è il fisiologico timore di chi ha aziende private e ha paura di avere ritorsioni di chi è al potere".
Berlusconi non crede nemmeno alle minacce di Matteo Renzi che sostiene di voler porre il veto al bilancio Ue: "È una minaccia infondata, doveva essere messo prima, come per le sanzioni contro la Russia". Solo una mossa di propaganda? "Non voglio definirla, ma è una cosa che non si può fare", taglia corto il Cavaliere. Che non commenta nemmeno le parole e i toni di Beppe Grillo: "Mi piace parlare delle persone quando ne posso parlare bene, quando devo parlarne malissimo evito".
Capitolo migranti: "L’immigrazione è un fenomeno preoccupante in tu

mercoledì 23 novembre 2016

NAPOLITANO UOMO CASTA SIMBOLO DEL SÌ


MAURIZIO BELPIETRO - C'è un'accozzaglia di signori che tifa per il Sì. Di questo «raggruppamento indiscriminato e disparato» (definizione tratta dal dizionario Devoto Oli) fanno parte Gad Lerner e Denis Verdini, Michele Santoro e Mirello Crisafulli, Giovanni Bazoli e Vincenzo De Luca, Giorgio Napolitano e Giuliano Ferrara, Carlo De Benedetti e Pier Ferdinando Casini, Vincenzo D'Anna e Fabrizio Cicchitto, ovvero tutta gente che notoriamente e da sempre lotta senza tregua contro la Casta. Così quanto meno pare pensarla il presidente del Consiglio, che durante la puntata della trasmissione di Rai 3 condotta da Lucia Annunziata, ha punzecchiato Maurizio Landini, accusandolo di difendere la classe politica al potere e di impedire che l'Italia cambi verso rinnovandosi. Peccato che nell'accozzaglia di sostenitori del Sì vi siano alcuni degli esponenti più longevi della Casta, ovvero gli stessi che dà almeno 30 se non 40 anni dettano legge in Parlamento, nelle banche e in tv. Si può ragionevolmente pensare che Giorgio Napolitano, il quale a novant'anni suonati ha assicurati, oltre allo stipendio e alla pensione, uno stuolo di portaborse, non sia un autorevole rappresentante della Casta? E si può ragionevolmente credere che Michele Santoro, uno che dalla Rai, cioè da un'azienda pubblica, è entrato e uscito più volte riuscendo sempre a guadagnarci, ottenendo anche di trascorrere una breve vacanza all'Europarlamento, non faccia parte della Casta, per lo meno di giornalistica? E allora forse, visto che l'accozzaglia è            equamente distribuita, che a sostenere il si ci sono «vecchi arnesi» esattamente come tra chi sostiene il No, forse sarebbe ora di mettere da parte l'arma della retorica anti Casta tanto cara al presidente del Consiglio e andare dritti al sodo della riforma, senza ulteriormente scomodamente scomodare l’argomento del vecchio contro il nuovo, che non solo non ha fondamento, ma che rischia di essere un boomerang.



IMPRESSIONANTE PRODI!!! ASCOLTATE LA SUA VERGOGNOSA DICHIARAZIONE!!!



Ascoltate questo TRADITORE dell'ITALIA... che di recente è stato condannato dalla Giustizia Europea per tutta una serie di REATI!...  Ascoltate LUI che ha TRATTATO per il cambio LIRA-EURO come CONFESSA DI AVER SVENDUTO LA LIRA



martedì 22 novembre 2016

TESORETTO DA MEZZO MILIONE DI EURO. REFERENDUM: QUANTO COSTA E CHI PAGA. I PARTITI FANNO SOLDI COL REFERENDUM.


Un euro per ogni firma raccolta, per un massimo di 500mila euro di rimborso pubblico. A prescindere da quanti andranno a votare per il referendum costituzionale del prossimo autunno, il comitato nazionale “Basta un Sì”, avendo raggranellato le 500mila firme necessarie, ha già maturato il diritto di passare all’incasso del mezzo milione di euro. Che si tratti di referendum abrogativo o costituzionale, infatti, le consultazioni prevedono il finanziamento pubblico diretto. Che si chiama però rimborso. Una sorta di indennizzo economico per l’attività di promozione dei quesiti ammessi dalla Consulta, che da un lato risarcisce i comitati civici che promuovono un referendum, dall’altro rimborsa i partiti politici che li sostengono.
costituzionale basterà che il comitato promotore riesca a raccogliere 500mila firme e l’accesso al rimborso sarà automatico. Nel nostro ordinamento, per ottenere i fondi, nel caso di referendum abrogativo è necessario raggiungere il quorum, cioè che voti il 50% più 1 degli aventi diritto, se si tratta invece di referendum
Tutto legittimo, funziona così, lo ha stabilito la legge 157 del ‘99. E’ la democrazia. Se non fosse però che il refrain “per fare il referendum la tua firma conta” della chiamata alle armi del Pd per il Sì alla riforma Renzi-Boschi ha confuso non poco i cittadini, compresi i suoi militanti. Al di là del numero delle raccolte, firme infatti, la consultazione si sarebbe fatta comunque perché era stata già richiesta ad aprile da un quinto dei parlamentari per il Sì e per il No, e questo sarebbe bastato. Ma senza comitato niente soldi. E la caccia all’ultima firma era indispensabile per arrivare al numero 500mila, necessario per assicurarsi quel tesoretto di mezzo milione. Anche il comitato per il No, guidato dai costituzionalisti Alessandro Pace e Massimo Villone, avrebbe sperato ovviamente nello stesso esito, che vale soldi e visibilità mediatica, ma il numero delle firme raccolte consegnate alla Cassazione sono state 316mila. Una buona base da cui partire, ma niente indennizzo. Così è stato nel 2006, quando il comitato per il No alla riforma della Costituzione voluta da Berlusconi ha ricevuto 495.000 euro; e nel 2001, quando il comitato per il No alla riforma del titolo V, promossa dal Centrosinistra, non avendo raccolto le 500mila firme necessarie non ottenne nessun rimborso. Dal 2000 ad oggi sono stati pagati circa due milioni e mezzo di euro di rimborsi elettorali per quattro referendum abrogativi e uno costituzionale. I due quesiti sulla privatizzazione dei servizi idrici del 2011 hanno fruttato al comitato “2 sì per il bene comune” 1 milione di euro (mezzo milione per ciascun quesito).
La stessa cifra che si è accaparrata Italia dei Valori di Antonio Di Pietro per gli altri due quesiti abrogativi, quello sul legittimo impedimento per le alte cariche dello Stato e il secondo sulla produzione di energia elettrica nucleare in Italia



lunedì 21 novembre 2016

DEBITO PUBBLICO, L’ASCESA DI TRUMP FA SALIRE GLI INTERESSI. COSI’ IL PESO CHE GRAVA SULL’ITALIA PUO’ DIVENTARE INSOSTENIBILE. POVERA ITALIA CHE NON HA RIDOTTO IL DEBITO PUBBLICO


L'elezione del tycoon ha provocato un aumento generalizzato dei rendimenti dei titoli di Stato, perché i mercati si aspettano che le sue scelte economiche inducano la Fed a muoversi in quella direzione. Il Tesoro quindi pagherà di più sulle nuove emissioni. Questo mentre la deflazione fa aumentare il rapporto tra l'indebitamento e il Pil. Gli effetti sui mercati più immediati e vistosi dell’elezione di Donald Trump sono stati il rafforzamento del dollaro e un aumento generalizzato dei rendimenti dei titoli di Stato. Entrambi hanno una matrice comune: l’idea che le scelte economiche della nuova amministrazione Usa produrranno maggiore inflazione e quindi indurranno la banca centrale statunitense a muoversi più in fretta nel percorso di rialzo dei tassi. La prospettiva dell’aumento dei tassi fa scendere i prodotti finanziari – Un aumento dei tassi, o semplicemente la prospettiva che questo accada, provoca un immediato adeguamento dei rendimenti di tutti i prodotti finanziari. Ma l’unico modo in cui il rendimento di un titolo di Stato può scendere o salire è la variazione del valore dello stesso titolo. Bund, Btp, Treasury eccetera pagano infatti una cedola fissa che non cambia mai. Ad esempio un titolo decennale che vale 100 e rende il 10% pagherà ogni anno sempre 10. Se però nel frattempo i rendimenti salgono (a titolo di esempio di un altro 10%), il valore del titolo scende. Se viene scambiato a 50 invece che a 100 e la cedola è ancora di 10 l’interesse pagato diventa del 20%. Oggi i mercati si attendono che i titoli di Stato di prossima emissione renderanno più di quelli in circolazione e quindi il loro valore si adegua automaticamente. Questo non sta accadendo solo in Italia. I rendimenti dei titoli decennali Usa sono saliti fino al 2,3%, il bund tedesco è passato dal -0,2% di ottobre al +0,3%, i Btp italiani a 10 anni sono saliti fino al 2,2% sui massimo da oltre un anno. L’Italia però, come spesso accade, vive anche dinamiche particolari. In qualche misura incidono anche le incertezze legate al referendum del 4 dicembre, come dimostra l’allargamento del differenziale di rendimento rispetto ai titoli spagnoli


SPEAD PEGGIO DEL 2001, PER L’ITALIA SARA’ UNA CATASTROFE



Giulio Tremonti: Alla vigilia del referendum Bankitalia suona l'allarme: in caso di vittoria del "No" al referendum, secondo Palazzo Koch le conseguenze potrebbero essere pesanti. Si parla di spread e dintorni, e chi della questione è più esperto se non Giulio Tremonti? In pochi. Già, perché l'ex ministro dell'Economia, tra 2010 e 2011, aveva vissuto da via XX Settembre l'incubo della vendetta dei mercati. E ora, interpellato dal Corriere della Sera sugli scenari post-referendari, circa la ventilata instabilità finanziaria mostra di avere idee differenti: "La capacità delle banche centrali di interpretare la realtà politica tende da ultimo verso il basso", spiega. E se non fosse chiaro, quando gli viene chiesto se è sbagliato pensare che una vittoria del No agiterà i mercati, Tremonti risponde tranchant: "Mi risulta l'opposto. Se Matteo Renzi resta con il dissesto finanziario che ha creato, con le promesse fatte, con le difficoltà che avrebbe a tornare indietro, a non essere se stesso, il rischio vero è proprio che resti. Con Renzi si stabilizza il rischio". Per Tremonti, dunque, meglio la "cacciata” del premier.
Parlando di deficit, diktat europei e manovra, l'ex ministro utilizza toni durissimi: "Le coperture sono una tantum, o una pocum. Dove sarebbe lo spread - chiede retorico - se non ci fossero gli interventi della Bce? Drammaticamente peggio che nell'autunno 2011, ben oltre i 500 punti. Se la Banca d'Italia facesse come allora una simulazione su questo punto, la saremmo tutti grati". Per Tremonti, dunque, la situazione attuale è peggiore rispetto a quella che affrontò un lustro fa. L'ex ministro conclude sottolineando come, a suo parere, "il governo si è sviluppato per tre anni in assenza di realtà - tassi zero, soldi gratis - ma la realtà torna con la durezza del tempo di ferro che arriva. Che vinca il Sì o il No. Non è solo questione di referendum o di strategie di palazzo, ma di realtà che torna e chiede gli interessi. Su questo scenario necessario - conclude apocalittico - uomini e idee sono tutti da identificare".


BERLUSCONI SPRONA FI “ORA LA NOSTRA PRIORITA’ E’ FARE VINCERE IL NO”


Il leader punta a dare la spallata a Renzi: «Metterò mano al partito dopo il voto»
Francesco Cramer - Roma Berlusconi tira la volata al No, tiene d'occhio con apprensione Strasburgo e medita un rimescolamento di carte in Forza Italia. Rientrato in mattinata ad Arcore, il Cavaliere continua a tessere la sua tela. L'ultima mossa è stata quella di varcare il portone di via XX Settembre, sede dell'ambasciata inglese a Roma. Un incontro estremamente cordiale con la nuova ambasciatrice Jill Morris, nominata nel luglio 2016. Durante il colloquio Berlusconi, accompagnato da Gianni Letta e Valentino Valentini, ha potuto ripercorrere i suoi dieci anni di politica estera, sottolineando l'amicizia che ha sempre legato i due Stati e rievocando l'ottimo rapporto avuto con i leader inglesi, sia laburisti sia conservatori. Naturalmente s'è parlato pure di Brexit e, su questo punto, l'ex premier ha sottolineato come l'eventuale vittoria del No al referendum non avrà alcun effetto catastrofico sul Paese. Tutt'altro: la bocciatura della riforma potrà essere il volano per fare una riforma ben più efficace ma soprattutto condivisa e non lacerante. «Così come la fecero i padri costituenti nell'immediato Dopoguerra». Discorso da leader, accoglienza da leader. Peccato che Berlusconi sia un Cavaliere dimezzato a causa della decadenza votata da palazzo Madama il 27 novembre del 2013. Ma la questione non finisce qui, per l'ex premier. Il quale guarda con apprensione a Strasburgo, sede della corte europea che potrebbe ridonargli onorabilità ed eleggibilità. Strasburgo s'è sempre mossa con disarmante lentezza ma a infastidire il Cavaliere è l'atteggiamento del governo. Lo Stato italiano, infatti, proprio in questi giorni avrebbe dovuto spedire alla Corte una contro-relazione sul caso. Ma palazzo Chigi ha chiesto agli eurogiudici una proroga di un mese per presentare il proprio dossier, tenendo ulteriormente il Cavaliere sulla corda. Proroga concessa

venerdì 18 novembre 2016

“C’E’ SOLO UN LEADER: E’ RENZI. E POI CI SONO IO….”


Dietro l’endorsement pro premier c'è il disegno di Berlusconi di riprendersi la coalizione: «Se vince il No sarà Matteo che dovrà fidarsi di me»

Dopo quel riconoscimento a sorpresa, suonato, ma solo in apparenza, quasi un endorsement, a Matteo Renzi riconosciuto come l'unico leader su piazza, del quale ha ammesso anche il diritto di mandare la lettera agli italiani all'estero, facile e prevedibile l'esultanza dei sostenitori del Patto del Nazareno, un partito però spesso più di carta, che fatto di politica reale. E facili i retroscena di chi vede nella mossa di Silvio Berlusconi un modo per ingraziarsi il governo che deve ancora esprimere il suo parere alla Corte europea di Strasburgo dove l'ex premier ha fatto ricorso contro la sua incandidabilità. Prevedibile anche che si mettano di mezzo i problemi delle aziende e quelli relativi alla quota di Mediolanum detenuta da Berlusconi che la Bce ha congelato. Ma il punto è che Berlusconi a Rtl ha detto che in campo ci sono solo due leader: Renzi e lui medesimo. Non a caso il capogruppo leghista al Senato Gianmarco Centinaio subito reagisce ricordando la leadership di Salvini. Certo, la sottolineatura di Fedele Confalonieri sul fatto che «Renzi gli somiglia un po», si presta a rialimentare tutti i più prevedibili retroscena, schiacciati sul lato aziendale, persino quello secondo il quale Berlusconi ora sarebbe per il Sì (mentre ribadiscono i suoi è convintamente per il No) e il solito che vede in Renzi il suo erede. di leader veri dentro la politica ce n'è uno solo ed è Matteo Renzi», il Cav però aggiunge che c'è poi lui medesimo e «fuori dalla politica». Notazione che di fatto non può non ammiccare ai tanti, soprattutto agli elettori anti-sistema di Grillo, ritenuto il nemico numero uno. Ragione per la quale ha voluto, almeno per ora, liquidare Stefano Parisi per ricucire con Matteo Salvini che non vuole regalare ai populisti. Dice il leader azzurro, parlando in terza persona: «Fuori dalla politica forse di leader veri ce n'è qualcuno, ma dalla politica è stato buttato fuori». E su Salvini: «Spero che la Lega possa aderire a una coalizione con noi e che l'unica forza populista in Italia sia quella dei Cinque Stelle». Apre al leader leghista e alla leader di F. d'I Giorgia Meloni, che con il capogruppo alla Camera Fabio Rampelli aveva lanciato per prima le primarie di coalizione. Il Cav ora non

9.900 euro E IO PAGO……


UNA BELLA FOTO DI BRISIGHELLA 8^ CLASSIFICATA AL “WIKI LOVES MONUMETS 2016”


8° classificato: Paolo_forconi | Panorama della Rocca - Rocca Manfrediana - Brisighella (RA)
Motivazione: il punto di vista inusuale permette di usare la strada per accompagnare lo sguardo verso il castello, che quindi si sposa con il paesaggio in maniere armoniosa.


giovedì 17 novembre 2016

SPUNTA NUOVA TASSA SULLA CASA: POI RENZI CI RIPENSA. A DOPO IL REFERENDUM……..


Una nuova imposta sugli immobili. L'emedamento, ammesso all'esame in commissione Bilancio, è stato presentato da ventiquattro dem e punta a istituire un'imposta municipale sugli immobili che sostituisca l'imposta municipale propria (Imu) e il tributo per i servizi indivisibili (Tasi). Già il nome è tutto un programma: Imi. La selva di polemiche, che si sono riversate sul Pd, ha obbligato il partito di Matteo Renzi a fare retromarcia e ritirare l'emendamento. Una nuova imposta, un nuovo balzello per stangare gli italiani. L'emendamento del Pd alla legge di bilancio, a prima firma Maino Marchi, chiede di sostituire l'Imposta municipale unica (Imu) e il tributo per i servizi indivisibili (Tasi) con l'Imposta municipale sugli immobili. L'Imi, questo l'acronimo della nuova imposta proposta dai democrat, si applicherà in tutti i Comuni del territorio nazionale, ferma restando, per le Province autonome di Trento e di Bolzano, la facoltà di modificarla. "L'emendamento sulla unificazione di Imu e Tasi fa due cose - commenta il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa - da un lato conferma quello che abbiamo sempre detto, e cioè che la Tasi non è una tassa sui servizi ma una patrimoniale, così come lo è l'Imu. Dall'altro - continua - aumenta la tassazione sugli immobili". Il limite massimo ordinario della somma delle aliquote di Imu e Tasi, infatti, è del 10,6 per mille. L'emendamento, invece, lo porta all'11,4 per mille. Misura, quest'ultima, che nel 2015 era stata ammessa solo in presenza di corrispondenti detrazioni sulla prima casa - quindi senza aumenti di tassazione - e che per il 2016 è stata inopinatamente confermata, senza condizioni, solo per alcuni Comuni, così come fa per il 2017 il ddl bilancio, con scelta già contestata da Confedilizia. "Ci aspettiamo che questo aumento di imposizione sugli immobili non faccia strada - conclude Spaziani Testa - le tasse su case, negozi e uffici vanno drasticamente ridotte. Con questo emendamento verrebbero addirittura aumentate". Le polemiche sono tali che alla fine il Pd deve fare retromarcia e ritirare l'emendamento. "Non vogliamo che ci siano dubbi o strumentalizzazioni, per questo lo ritiriamo", si limita a commentare Marchi. "Siamo al festival dell'emendamento - prende le distanze Renzi - oggi ce ne era uno in cui l'Imu diventava Imi. Siamo al 'compro una vocalè di Mike Bongiorno e io me ne intendo...". Ma, al di là del tentativo di smarcarsi, resta il tentativo del partito del premier di stangare (ancora una volta) gli italiani sulla casa. A dopo il referendum.



BEPPE SANGIORGI Resto del Carlino – Esattamente 200 anni fa, ne raccontato nel recente libro Casola Valsenio, i primi 800 anni, nasceva per motivi di prestigio e territoriali un contenzioso tra i comuni di Casola Valsenio e Brisighella. Lite che si è protratta senza conclusioni di colpi per 120 anni e strascichi appianati solo poco fa. Nel 1816 Papa Pio VII i che le dodici parrocchie brisighellesi comprese tra la Sintria e il Lamone - vale dire un territorio di a tornature con duemila abitanti venissero aggregate al comune di Casola Valsenio. DA TEMPO era in atto una lite fra i comuni m quanto il confine di Brisighella arrivava al fiume, sotto l'abitato di Casola,  poste di qua e di là del ponte che univa le due sponde. Già l'anno prima il prelato brisighellese Domenico Cattani informava da Roma i suoi compaesani che i casolani avevano chiesto il passaggio sotto la loro amministrazione di una fetta di territorio subito di là del fiume, per la tranquillità e il decoro del paese. I brisighellesi ovviamente insorsero contro tale richiesta, accusando monsignor Giovanni Soglia, poi divenuto cardinale, di agire a loro danno. «Cosi - scrive un cronista brisighellese - essendo casolano e uomo di qualche autorità in Roma e stando soprappiù a' servigli del pontefice si reputava autore di questo intrigo, laonde non è a dire quanto il suo nome e quello di ogni altro Casolano si maledicesse». I brisighellesi non avevano tutti i torti riguardo all'influenza del Soglia e dello zio monsignor Giacomo . Il cardinale Giovanni Soglia Coroni LA RICOSTRUZIONE La decisione di Pio VII fu influenzata, pare, dal cardinal Soglia como Braga nei confronti del pontefice Pio VII. CIRCOLAVA infatti a Casola e a Roma il detto: «Se di Pio il favor vuoi che t'appaga, bacia prima la Soglia e poi la Braga». Di fronte alla decisione del Papa, che stabiliva la popdita di un vasto territorio, Brisighella insorse con maggiore veemenza ed inviò emissari a Roma dotandoli di 200 zecchini d'oro per «ungere le ruote». Casola a sua volta riuscì a corrompere il segretario della comunità di Brisighella, così da poter conoscere in anticipo le mosse dei brisighellesi, ma il «doppiogiochista» venne ben presto scoperto. LA CONTESA si concluse nel 1828 con l'aggregazione definitiva al Comune di Casola delle parrocchie di Pagnano, Settefonti, Pozzo, Sant'Andrea e Valdifusa. Una conclusione che accontentava Casola e limitava le perdile di Brisighella che però ritenne tale risoluzione un affronto e una ferita all'orgoglio del paese. Tanto che ancora dopo un secolo e mezzo si narra che una Ceroni di Brisighella conservasse nel suo palazzo un ritratto del lontano parente cardinal Soglia Ceroni, tenendolo però in disparte e commentando amaramente: «Proprio lui ci doveva portare via un pezzo di terra!». IL RIORDINO del territorio provoco anche una ingarbugliata vicenda relativa al catasto urbano di Zattaglia che è stato appianato solo pochi anni fa. E ancor oggi a Casola c'è chi afferma che Brisighella ha avuto otto o nove cardinali e Casola solo uno, ma questi ha avuto più forza, facendo piangere i brisighellesi.


mercoledì 16 novembre 2016

CLANDESTINI IN AMERICA…….


 O voi che vi disperate per la volontà espressa da Trump di deportare 3  milioni di clandestini. Sapete quanti ne ha deportati dal 2009 al 2015 il vostro idolo Obama? 2,5 milioni. E sapete quanti ne hanno arrestati nei primi 10 mesi del 2016? 600.000. Però, immagino, questo non vi sconvolgerà. O sì?

 



TERREMOTATI, ERRANI NON CONTATE TROPPO SU QUELLE CASETTE………..


Dopo averle promesse fin dal primo giorno, averle previste prima di Natale, poi entro sette mesi, poi averle fatte slittare perché non si sa quando, le famose casette di legno per i terremotati rischiano di diventare sempre più un miraggio. Lo si è capito bene negli incontri che il commissario alla ricostruzione, Vasco Errani e il capo della protezione civile, Fabrizio Curcio stanno facendo con le migliaia di sfollati dai paesi messi ko dal primo, dal secondo e dal terzo terremoto. Errani e Curcio valutano le nuove esigenze, cercano insieme alle altre istituzioni coinvolte nel tour (presidenti di Regione e sindaci) di disincentivare il più possibile la richiesta dei prefabbricati in legno. Primo perché non costerebbero poco (fra 60 e 80 mila euro ciascuna) e sarebbero una soluzione provvisoria. Secondo, perché gli ordini fin qui non sono stati fatti a regola d’arte, le esigenze sono aumentate, e i tempi di consegna ritardati. Si rischia quindi più che di risolvere situazioni, di creare nuovo malcontento fra i terremotati, e soprattutto fra quelli restati senza casa a fine agosto che ormai da mesi viaggiano da nomadi fra un ricovero e l’altro. L’ultimo incontro di Errani è stato con i terremotati di Arquata, e ha lasciato molti a bocca aperta. Il commissario infatti è un politico e per certi versi ha fatto il suo comizio, raccontando cose che alla gente non importavano nulla. “Ecco, questo passaggio con l’ipotesi che fra chi aveva davanti ci fosse pure qualche imbroglione, ha dato l’impressione ai più che quelle casette in legno potranno sognarsele. Ma Errani voleva da buon politico parlare di sé, della sua credibilità: “C’è un patto di lealtà, di corrispondenza fra di noi. E se io non rispetto uno di questi patti voi siete autorizzati a dirmi che sono una persona poco seria”. Errani ha garantito che al 100% verrà ricostruito tutto. Ma ha fatto presente che non sa dove verrà ricostruito: “dovremmo fare una valutazione anche dell’assetto idrogeologico del sistema”. Per la ricostruzione, di cui non sono stati forniti i tempi, Errani ha spiegato la procedura: si dovrà attingere a una lista di professionisti e a una di imprese verificate da Anac e in regola con la certificazione antimafia. Poi bisognerà che “i professionisti facciano un contratto professionale con ciascuno di voi, nel quale deve esserci scritto quando presenterà il progetto all’ufficio della ricostruzione.che li valuterà”. Se ci sarà l’ok “voi dovete portare il progetto in banca. Voi non dovete tirare fuori un euro. Se qualcuno ve lo chiede, segnalatelo ai carabinieri. Portate il vostro progetto alla banca, è la banca pagherà all’impresa gli stati di avanzamento. Solo con lavori fatti”.


lunedì 14 novembre 2016


RENZI IN GALERA! – “COMPRARSI GLI INDIRIZZI DI 4 MILIONI DI ITALIANI ALL'ESTERO, PER MANDARGLI UNA LETTERINA E INVITARLI A VOTARE SI' È UN REATO PENALE" - ''UN REATO CHE HA UN COSTO RILEVANTE: CI SONO STATE ENTRATE IMPREVISTE? O È INTERVENUTO L'AIUTO DISINVOLTO DI UNA QUALCHE STRUTTURA PUBBLICA?"


TERREMOTO:, IL SISMOLOGO CASOLANO LINGUERRI “ANCHE NOI SIAMO A RISCHIO”


Sette Sere -  «Non possiamo dire con certezza scientifica cosa succeda qui da noi a seguito delle importanti e devastanti scosse avvenute nel centro Italia in questo ultimo periodo. Quello però che possiamo affermare con trasparenza ed evidenza, perché sono scritti sui rulli di carta dei miei sismografi, che da allora, e nelle ultime settimane, ho registrato quasi trecento scosse. Mote delle quali collocate nel comprensorio forlivese e mugellano». Questo è quanto afferma Flavio Linguerri, ex elettricista e sismologo per passione amatoriale, sulla situazione riguardante questa particolare fase di instabilità tellurica. Nel suo studio allestito a Casola Valsenio, Linguerri, da una trentina di anni, precisamente dopo la morte del suo «maestro» faentino Raffaele Bendandi, registra e capta i movimenti della terra sparsi in tutto il mondo. In queste ultime settimane i pennini dei suoi strumenti hanno continuato a oscillare con estrema frequenza. «Tanto è che devo staccarli se non mi finiscono tutta la carta. Da piccoli terremoti a scosse di quasi 3,4 gradi Richter - sottolinea lo stesso Linguerri - è un'oscillazione continua. Non possiamo dire se i fatti sia interconnessi. La situazione dell'Italia però è chiara. La parte tirrenica si sta spostando allontanandosi da quella adriatica. Questo sta creando movimenti di faglia importanti». Spostamenti che hanno portato gli scienziati a misurare, ad esempio, un abbassamento del terreno di 60/70 cm rispetto al passato nelle ultime zone colpite a fine ottobre. Sul territorio romagnolo la situazione non è facile da fotografare. «Le zone sismiche che ogni tanto si risvegliano - spiega il sismologo casolano - sono quelle del Mugello e del forlivese. Non posso dire con scientifica certezza se il rapporto sia conseguente ai fatti di Arquata prima e di Norcia poi. Sta di fatto che la terra si sta muovendo e i miei strumento lo registrano». (r.iso.)

venerdì 11 novembre 2016

ATTACCATI AL TRUMP


Nella puntata di Matrix andata in onda ieri sera, Vittorio Sgarbi esprime tutta la sua felicità per la vittoria di Donald Trump alle elezioni americane. Davanti a un divertito Nicola Porro, il critico d'arte non trattiene l'entusiasmo: "Trump da' felicità, perché ci assomiglia, è la parte peggiore di noi, Trump è il trionfo della libertà". Poi Sgarbi riserva parole pesanti sull'avversaria Hillary Clinton: "Tu pensa questa Hillary Clinton che, dopo aver buttato bombe per importare la democrazia, ha pure la faccia di quella che ha ragione. Una delinquente, una criminale di guerra, che andrebbe arrestata come Milosevic, che ha distrutto l'ordine del paesi. Non c'è bisogno di bombe per affermare la democrazia. lasciali in pace Gheddafi, Saddam Hussein...questa criminale di guerra ci faceva pure la morale". Porro tenta, invano, di fermare l'inarrestabile Sgarbi: "Trump vuol dire che puoi parlare di f.... Prima di lui non potevamo dire che ci piaceva una ragazza che veniamo accusati di stalking. Trump è lo stalker per tutti noi, è la libertà per l'eteropride". Parole dure anche per il presidente uscente, Barack Obama: "È un terrorista che non è stato in grado di cancellare Guatanamo. Trump vuole eliminare la Nato, è meraviglioso". Dopo aver detto al conduttore: "Porro, tu sei Trump", l'ultima stoccata è riservata al presidente del consiglio: "Anche in Renzi c'è Trump. Quando Renzi prende in giro il povero Letta dicendogli stai sereno e anche quando caccia D'Alema. Il vero Trump è Renzi". (GUARDA IL VIDEO)


SINISTRA SOTTO UN TRUMP


Alessandro Sallusti - Il trionfo del magnate fa impazzire vip, buonisti e benpensanti. E getta nel panico Renzi: dopo Brexit e Usa, tocca al referendum. Il mondo non si è fermato né è crollato, anzi le Borse hanno alla fine brindato al nuovo venuto. Nessun disastro quindi, come nel dopo Brexit, come sarà il 5 dicembre in Italia se dovessero vincere i «no» al referendum costituzionale, come sempre accade quando il popolo ha la possibilità di esprimersi liberamente. Il successo di Trump ha smascherato i terroristi politici e mediatici che avevano previsto scenari apocalittici. E pure gli imbroglioni, i faziosi, le star di Hollywood che dal chiuso delle loro ville dorate e blindate pensano di sapere come gira il mondo. Trump ha distrutto, spero per sempre, il politicamente corretto, cancro della modernità, ha seppellito i complessi di colpa per non essere chic e buonisti come ci vorrebbe la sinistra. Ha vinto perché è un unicum, come lo è stato da noi Silvio Berlusconi vent'anni e passa fa, perché ha dato dignità ai cittadini che hanno paura degli immigrati invece di bollarli come razzisti, perché ha detto che un Paese è tale in quanto ha confini inviolabili e leggi da rispettare, perché dice che abbasserà le tasse, che frenerà l'invasione oltre che di uomini anche di merci per favorire le imprese americane. Ha vinto perché non è un politico (prima volta nella storia dell'America), perché Obama è stato uno dei peggiori presidenti e perché la Clinton era, ed è, esattamente il contrario di tutto questo. Ci voleva tanto a capirlo e prevederlo? Non credo, eppure è andata così. A rileggere i giornali e a rivedere i telegiornali e i programmi Rai delle ultime settimane non so se c'è da ridere o piangere, ma certo c'è da vergognarsi ad appartenere a una categoria con un tasso così alto di stupidi tromboni che confondono i salotti di New York per l'America: Hillary la santa vincente, Donald il maniaco impresentabile. E tutti, da Papa Bergoglio al duo Renzi-Boschi fino ai grandi capi dell'Europa fallita e snaturata a suonare la grancassa. Salvo poi prendere atto che le donne, gli immigrati, gli operai e i cattolici americani hanno scelto di stare con il «Dio, patria e famiglia» di Trump invece che con la melassa clintoniana. Al povero Renzi non ne va più bene una. Dopo quelle pacche sulla spalla con Obama alla Casa Bianca, dopo quel suo tifare sguaiato per la Clinton nella recente visita a Washington, pensava di essersi assicurato un futuro da statista. È finito sotto un Trump: cornuto e, dal 5 dicembre, pure mazziato dagli italiani nell'urna. Lui cadrà, il mondo no. Proprio come per la Clinton ieri.