Il deputato Richetti si è
già fatto da parte dalle primarie in Emilia Romagna. Insieme a Bonaccini e ad
altri sette consiglieri regionali Pd è indagato per peculato nell’inchiesta
sulle "spese pazze" della Regione. No comment di Renzi
SPESE PAZZE REGIONE, OTTO CONSIGLIERI PD INDAGATI PER PECULATO
IN EMILIA
Questo è il primo sviluppo
clamoroso di una attività di indagine iniziata oramai due anni fa. A ottobre
2013 c’era stato un primo sussulto, quando era venuta a galla la notizia che
erano stati messi sotto indagine tutti i capigruppo della legislatura appena
conclusa, per il periodo che va dal 2010 Dal 2012. Nel frattempo anche la
procura della Corte dei conti dell’Emilia Romagna si è mossa per rintracciare
eventuali danni erariali causati dalle azioni dei politici
Una bufera giudiziaria, da
tempo attesa, scuote alle fondamenta il
Partito democratico dell’Emilia Romagna. Sono otto i
consiglieri regionali del Pd indagati per peculato nell’inchiesta della procura della
Repubblica di Bologna relative alle spese dei gruppi dell’assemblea
legislativa. Tra loro quelli che fino a poche ore fa erano i cavalli di razza
che si sarebbero contesi le primarie per succedere al governatore Vasco Errani: Matteo Richetti, che del
consiglio regionale è stato presidente sino alla sua elezione al parlamento nel
febbraio 2013 e Stefano
Bonaccini, fedelissimo e braccio destro di Matteo Renzi a Roma.
Richetti si era ritirato dalla corsa per le primarie in mattinata, poco prima
che il suo stesso legale confermasse la notizia del suo coinvolgimento nell’indagine.
Ora non è chiaro se anche Bonaccini, che del partito è segretario regionale e
responsabile nazionale per gli enti locali, farà un passo indietro. Alle ore 18
era atteso in un hotel a Reggio Emilia per un incontro con gli amministratori
locali, ma ha disdetto la prenotazione mezz’ora prima dell’incontro e non si sa
se la decisione sia collegata agli sviluppi dell’inchiesta sulle spese dei
gruppi regionali. “Ho appreso poco fa che la Procura sta svolgendo accertamenti anche sul mio
conto e ho già comunicato, attraverso il mio legale professor Manes, di essere formalmente a disposizione
per chiarire ogni eventuale addebito. Confido di poter dare al più presto ogni
opportuno chiarimento”, ha spiegato Bonaccini in serata. A tremare sono
tuttavia anche gli altri partiti in Regione coinvolti nel cosiddetto scandalo
delle spese pazze, che riguarderebbe tutto l’arco di forze politiche in
consiglio. Questo è il primo sviluppo clamoroso di una attività di
indagine
iniziata oramai due anni
fa. A
ottobre 2013 c’era stato un primo sussulto, quando era venuta a galla la
notizia che erano stati messi sotto indagine tutti i capigruppo della legislatura appena conclusa,
per il periodo che va dal 2010 al 2012. Si trattava dei responsabili dei gruppi
Pdl (Luigi Giuseppe Villani), Pd (Marco Monari), Lega nord (Mauro Manfredini),
Idv (Liana Barbati), M5S (Andrea Defranceschi), Udc (Silvia Noé), Gruppo Misto
(Matteo Riva), Fds (Roberto Sconciaforni) e Sel-Verdi (Gianguido Naldi). Per
tutti, si disse allora, una iscrizione quasi d’ufficio: come presidenti dei
loro gruppi erano infatti considerati responsabili delle uscite finanziarie dei
propri colleghi di partito eletti in Viale Aldo Moro. Già allora era apparso
chiaro che altri nomi sarebbero saltati fuori tra i membri del parlamentino
regionale. Ed è quello che sta accadendo proprio ora. Nel frattempo
anche la procura della Corte
dei conti dell’Emilia Romagna si è mossa per rintracciare
eventuali danni erariali causati dalle azioni dei politici. A luglio 2014 il
procuratore contabile Salvatore Pilato aveva inviato diversi inviti a dedurre
(richieste di chiarimenti a cui potrebbe seguire una citazione a giudizio o una
archiviazione) ad
alcuni consiglieri. Tra loro anche i consiglieri democratici, sette in
tutto, Marco Monari, Tiziano Alessandrini, Marco Carini, Thomas Casadei,
Gabriele Ferrari e Roberto Montanari e Stefano Bonaccini. Oltre a questa
inchiesta, dalla Corte dei conti si attende anche la sentenza sul
filone delle cosiddette interviste a pagamento: le spese sostenute dai
consiglieri regionali per apparire nei programmi televisivi delle tv locali
nello stesso periodo che va dal 2010 al 2012. I conti fatti dalla Guardia
di finanza durante l’indagine hanno evidenziato cifre da capogiro. Solo per i pranzi e le cene
le fiamme gialle tra il 2010 e il 2012 hanno calcolato che i consiglieri
regionali (in maniera lecita o illecita, questo lo valuteranno i magistrati)
hanno speso quasi mezzo milione di euro: 220mila euro per il Popolo della
Libertà, 53mila euro per la Lega nord, 145mila euro per il Pd, 18mila euro per
il Movimento 5 Stelle.
L’inchiesta della procura
della Repubblica, condotta dalle pm Antonella Scandellari e Morena Plazzi, con
la supervisione del procuratore capo Roberto Alfonso e dell’aggiunto Valter
Giovannini, dovrebbe chiudersi entro un mese, comunque dopo le primarie del
Partito democratico previste per il 28 settembre. Nella mattinata di martedì
era uscita la notizia che Matteo Richetti, attuale deputato del Partito
democratico, fosse iscritto nel registro
degli indagati. Una notizia confermata dal suo legale poco dopo
il ritiro di Richetti dalle primarie per l’elezione del governatore dell’Emilia
Romagna. L’avvocato Gino Bottiglioni però ha specificato: “La rinuncia alla
candidatura alle primarie non è assolutamente legata all’indagine per peculato.
La decisione è politica”. Questa mattina l’avvocato Bottiglioni ha verificato
l’esistenza del procedimento a carico di Richetti, “che peraltro era nell’aria,
ma non si può per ora sapere con certezza se riguardi la questione delle auto
blu”. Il nome di Matteo Richetti era infatti comparso in un esposto presentato da
Andrea Defranceschi, del Movimento
5 Stelle, sulle
auto blu che, secondo la denuncia, sarebbero state usate in
maniera non corretta nel periodo in cui Ricchetti era presidente dell’assemblea
regionale.
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