giovedì 27 settembre 2012

REGIONI, QUELLE FACCE DI BRONZO A SINISTRA


La sinistra che pensa di trarre vantaggio dalle vicende del Lazio, si illude, ha la coscienza sporca e la memoria corta. Se problemi e malcostume ci sono (come ci sono), riguardano l'intero sistema degli enti locali, regioni innanzi tutto ma anche comuni e province.  E se nel Lazio la crisi è esplosa con molto rumore e folclore, in altre situazioni il malaffare e le inefficienze delle giunte rosse sono stati tenuti ben occultati all'opinione pubblica. Parliamo dell'Emilia-Romagna, che non ha ancora distribuito i fondi raccolti per il terremoto mentre il governatore Pd Vasco Errani ha concesso un milione di euro alla coop Terre Emerse del fratello Giovanni. Non lo diciamo noi, lo afferma la procura di Bologna che ha chiesto il rinvio a giudizio di Errani per falso ideologico. Parliamo della Puglia, dove Nichi Vendola, promesso sposo (elettorale) di Pier Luigi Bersani è indagato per abuso d'ufficio nell'inchiesta sulla sanità locale.
E si tratta degli ultimi e penultimi episodi. Senza contare il caso Penati alla provincia di Milano, le inchieste sul governatore della Liguria su Enav, finanziamenti alle industrie e addizionali, la bufera giudiziaria che aveva travolto l'ex sindaco di Genova Marta Vincenzi per tangenti sulle mense scolastiche. Non saremo certo noi ad affidarci al giustizialismo in politica, ma non tollereremo neppure l'ipocrisia della sinistra. Tipo quella che, proprio nel Lazio, ha fatto dimettere i consiglieri del Pd che però continuano a nascondere l'uso che hanno fatto dei finanziamenti pubblici: mentre saltano fuori miglia di euro spesi in enoteca e decine di migliaia dati a tv locali. "Nel contributo a realtà informative locali non c'è niente di male" si arrampica sugli specchi il capogruppo Esterino Montino. "Mentre a Natale abbiamo fatto regali a bambini senza reddito". In enoteca!




La realtà è l'abuso che si è fatto in particolare della cosiddetta riforma del titolo V della Costituzione, attuata in fretta e furia nel 2001 dall'Ulivo, che concesse alle regioni pieni poteri di spesa senza alcun vincolo di controllo. I risultati non sono certo solo i fondi discrezionali ai partiti (tutti, Pd compreso) dati nel Lazio: come ha documentato il Sole 24 Ore, ogni seggio di consigliere costa ai contribuenti 750 mila euro, ed il record va alla Valle d'Aosta, con 12.048 euro per abitante per il solo funzionamento dell'apparato regionale. Se invece guardiamo chi si è messo in regola con i promessi tagli alle poltrone chiesti non solo dal governo Monti, ma per primo dal nostro governo, troviamo due regioni a statuto speciale amministrate dal centrodestra, Sardegna e Friuli-Venezia Giulia, e tra quelle a statuto ordinario due regioni di centrodestra (Lombardia e Veneto) e due di sinistra (Toscana ed Emilia Romagna).
Il Lazio aveva approvato i tagli, rimasti in sospeso con le dimissioni. Mentre il resto delle regioni di sinistra, dalla Puglia vendoliana alla Basilicata, dal Piemonte alla Liguria, continua a far finta di nulla. Per non parlare del Trentino-Alto Adige, con i suoi principeschi privilegi finanziati dallo stato italiano. E questo solo per ciò che riguarda le regioni. Stessi sprechi, stesse inefficienze, stessi abusi nei comuni (basta vedere la neonata giunta grillina di Parma, o la Napoli di De Magistris) e le province: dove appunto non dimentichiamo il caso Penati a Milano. E Bersani non può certo dire "Penati, chi era costui?", come ha provato a fare Rutelli con Luigi Lusi.



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