Scompaiono le province come ente locale politicamente autonomo.
Niente più consiglieri eletti né personale politico, azzerate le scartoffie che
i cittadini devono presentare al potere intermedio tra comune e regione.
Restano
le principali competenze, ma saranno amministrate da un organismo che dipenderà
principalmente dai comuni, un po’ come le comunità montane. Se verrà
confermata la bozza che in questi giorni sta rimbalzando tra Palazzo Chigi, i
ministeri competenti e le segreterie dei partiti di maggioranza, il Consiglio
dei ministri di domani pomeriggio approverà un provvedimento che sembra molto
l’abolizione delle province. In teoria il disegno di legge si occupa solo di
legge elettorale dell’ente intermedio, ma Andrea Barducci esponente Pd che
presiede quella di Firenze, ha già battezzato la nuova creatura la
«provincia-non provincia». Definizione che calza, visto che il
Consiglio provinciale non sarà più eletto dai cittadini, ma dai consiglieri dei
comuni. Sceglieranno, più per competenza territoriale che politica, un
massimo di 15 rappresentanti, che a loro volta sceglieranno un presidente.
Nella versione precedente il Consiglio era composto da sindaci e amministratori
dei comuni. È stata scelta una via di mezzo, compensata dall’assenza di uno
«stipendio» per i consiglieri. La nuova provincia dovrà occuparsi dei servizi
che insistono su tutto il territorio, di edilizia scolastica, in parte dei
trasporti, forse di lavoro. E comunque i cittadini non dovrebbero sentirne più
parlare, visto che non ci saranno più autorizzazioni rilasciate dalla
provincia. Le funzioni amministrative passeranno ai comuni e alle regioni,
oppure saranno semplicemente eliminate se c’è già un’autorità locale che se ne
occupa. La trasformazione in enti «di secondo livello» era prevista dal decreto
Salva Italia, ma l’attuazione sembrava impantanata se non bloccata. Negli
ultimi giorni il governo ha accelerato e, un po’ come sta succedendo con le
liberalizzazioni, Pdl e Pd hanno collaborato tra di loro e con l’esecutivo. Così
la riforma dovrebbe approdare al prossimo Consiglio dei ministri. Trattandosi
di un disegno di legge, non si possono escludere modifiche in Parlamento, ma il
sostanziale accordo della maggioranza , fa pensare che le vecchie province
scompariranno, man mano che scadranno le legislature dei consigli.
MA LA RESISTENZA DELLE PROVINCE
Si è svolta il 31 gennaio 2012 la Giornata nazionale di mobilitazione
contro la cancellazione delle Province (e ovviamente i giornali non ne hanno
parlato o quasi). Molti di voi sicuramente non sapranno nulla, ma in tutta
Italia i 107
consigli provinciali si sono riuniti in seduta straordinaria per spiegare il proprio
dissenso contro il provvedimento adottato dal Governo Monti. Il risultato dei consigli straordinari è
stato quello di dare
mandato alle proprie Regioni di promuovere un ricorso alla Corte Costituzionale, ricorso che già la
Regione Piemonte ha presentato. Gli italiani che sono d'accordo con
l'abolizione delle province dovrebbero pensare ai disagi che necessariamente
avranno loro stessi e i propri figli in settori come la gestione del
patrimonio, la scuola (circa 5.500 edifici), la viabilità (125.000 chilometri di
strade),
la tutela ambientale e le politiche del lavoro (550 centri per l'impiego). Dal punto di vista
finanziario si crea inoltre un impasse: blocco totale degli investimenti
programmati e in corso di esecuzione (in soldoni le buche sulle strade
rimangono per molto tempo, la manutenzione degli edifici scolastica vandrà a
rilento, ecc.) e
modifica della normativa tributaria, patrimoniale ed extra tributaria. Le Province chiedono
invece al Parlamento e al Governo un intervento di razionalizzazione attraverso
la riduzione del numero delle amministrazioni, la ridefinizione e
razionalizzazione delle funzioni delle Province, in modo da lasciare in capo
alle Province esclusivamente le funzioni di area vasta, l'eliminazione di tutti
gli enti intermedi strumentali (agenzie, società, consorzi) che svolgono
impropriamente funzioni che possono essere esercitate dalle istituzioni
democraticamente elette previste dalla Costituzione, l'istituzione di fatto
delle Città metropolitane come enti per il governo integrato delle aree
metropolitane. Clicca qui per leggere il testo che
l'Unione Province Italiane (UPI) ha approvato come ordine del giorno unitario
per tutte le Province.
L'UPI ha inoltre presentato un documento con il
quale riassume tutti i vizi di incostituzionalità e le incongruenze dell’art.
23, commi 14-21, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, sulle Province,
come approvati dalla Camera dei Deputati.
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